TESTIMONI DELL’ “OLTRE” E DELL’ “ALTRO”

[occhiello]

E’ ben nota, e più volte è stata ripetuta, l’espressione indirizzata da Paolo VI al Pontificio Consiglio per i Laici nell’Udienza del 2 Ottobre 1974: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”.
La rilevanza dei testimoni è data dal fatto che essi portano con sé, e recano agli altri, una verità incarnata, vissuta, divenuta vita della propria vita, un riflesso di cielo. L’antica saggezza ci ha tramandato il significativo detto: “exempla trahunt” (gli esempi trascinano), poiché essi sono attraversati da una personale esperienza, da un momento cruciale di vita che si rivela e si fa modello. I testimoni di autentica fede, ci invitano ad aprire una finestra tra le stelle per guardare “oltre” e per scoprire la traccia dell’“Altro”, di quel Dio misterioso, incomprensibile e inaccessibile, ma anche tanto a noi vicino.

La vicinanza di Dio ci viene testimoniata da Edith Stein, nata a Breslavia nel 1891, convertita dall’ebraismo al cattolicesimo nel 1922, divenuta religiosa carmelitana con il nome di Suor Teresa Benedetta della Croce nel 1934, deportata dai nazisti nel campo di sterminio di Auschwitz – poiché ebrea – nell’agosto del 1942, e finita, il 7 dello stesso mese, nella camera a gas.
Papa Giovanni Paolo II, di v.m., la elevava alla gloria degli altari nel 1987 e la inseriva nella schiera dei santi nel 1998.
Mente filosofica eccellente, nonché poetessa e mistica, in una prima lirica Ella rileva l’azione creatrice e provvida di Dio nei riguardi dell’uomo: “Il Signore guida ciascuno per la propria strada, / e ciò che chiamiamo ‘destino’/ è l’opera sua d’artista […]. La sua più grande gioia di Creatore / è che nasce vita sotto la sua mano, / che vita gli sgorga incontro, / quella vita che vi ha posto dentro egli stesso, / e che ora dal di dentro risponde / ai tocchi lievi delle dita, ai colpi di scalpello. / E così che collaboriamo / alla sua opera d’artista”.
In una seconda lirica, dai versi splendidi e appassionati, la Stein approfondisce il rapporto intimo dell’anima con Dio, che pur rimane inafferrabile e inscrutabile: “Chi sei, dolce Luce, che m’inondi / e rischiari la notte del mio cuore? / […]. Tu sei spazio / che l’esser mio circonda / e in cui si cela. / […]. Tu a me vicino più di me stessa, / più intimo dell’intimo mio. / Eppur nessun ti tocca: o ti comprende / e d’ogni nome infrangi le catene; / Spirito Santo – Eterno Amore!”.
Della Edith Stein, il Pontefice dirà: “Una figlia d’Israele, che durante le persecuzioni dei nazisti è rimasta unita con fede e amore al Signore Crocifisso, Gesù Cristo, quale cattolica, ed al suo popolo quale ebrea”.

La vita e le opere di Madre Teresa di Calcutta (1910-1997) sono ben note: esse si rivelano quale chiara e autentica testimonianza della presenza di Dio nell’uomo, in particolare nei poveri, diseredati, ammalati. Mi è gradito riportare testualmente alcune espressioni riferitemi in incontri personali. Quanto all’attività che svolgeva a Calcutta Ella rilevava: “Nei quartieri poveri, nei corpi disfatti, nei bambini, noi vediamo Cristo e lo tocchiamo”.
Toccare Cristo! E’ quanto Ella ripeteva, con animo traboccante di gioia, dopo aver lavato un lebbroso: “Oggi ho toccato la carne santissima di Gesù!”.
Sostenuta da enorme fede e immenso amore, Madre Teresa testimoniava la gioia di amare, come irradiazione dell’amore di Dio per l’umanità più bisognosa e sofferente. Ne era “la prova vivente”!
Ad una donna deturpata dal male, e amorevolmente soccorsa, che le chiedeva perché le fosse venuta incontro con tanta bontà, Ella rispondeva: “Me l’ha insegnato il mio Dio!”. Ricordando l’episodio, Madre Teresa aggiungeva la replica della donna “Fammi conoscere il tuo Dio!”, e la commentava con estrema semplicità: “Ormai Dio lo aveva già conosciuto attraverso la Carità”.
“A Calcutta – narrava – abbiamo raccolto e condotto nella nostra casa migliaia di persone, ma non abbiamo mai incontrato un uomo o una donna che rifiutassero di chiedere perdono a Dio o che rifiutassero di dire: Ti amo, mio Dio!”.
“Piccola donna innamorata di Dio”, “Icona del Buon samaritano”, “Donna coraggiosa che si recava dovunque per servire Cristo nei più poveri fra i poveri”, “Vita tutta donata ai poveri” ma al tempo stesso “avvolta dalla preghiera”, sono le definizioni e le espressioni che si ravvisano nell’Omelia tenuta da papa Giovanni Paolo II in occasione della beatificazione di Madre Teresa di Calcutta il 19 Ottobre 2003.
Celebrandosi in quella data la Giornata Missionaria Mondiale, il Papa ammoniva: “Madre Teresa ricorda che la missione evangelizzatrice della Chiesa passa attraverso la Carità”.

Due testimonianze della nostra epoca, dunque, caratterizzate da profonda coerenza di vita spirituale, che in Teresa Benedetta della Croce tocca i vertici del misticismo (“Tu a me vicino più di me stessa”). E due percorsi differenti: quello della Carmelitana animata dalla ricerca della verità: “La mia sete di verità era una preghiera continua”; quello di Madre Teresa di Calcutta illuminato dalla “irradiazione dell’amore di Cristo” per i poveri e tra i poveri.

Verità e amore vissuti nella fedeltà, il loro messaggio!

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