Si è aperto con Veronica Pivetti il ciclo di interviste “Incontri nel foyer”, organizzato da Niky D’Attoma e Marienbad Teatro in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese e l’Assessorato per le Politiche Culturali del Comune di Conversano. L’evento si è tenuto presso il Teatro Norba dove ieri si è inaugurata la stagione teatrale 2013-14 con lo spettacolo musicale “Mortaccia”.
Conversano – Nell’atmosfera natalizia e informale del foyer del Teatro Norba, Veronica Pivetti, Sergio Mancinelli, Oreste Valente e l’autrice e regista Giovanna Gra ci hanno parlato, con estrema simpatia e loquacità, del loro spettacolo a tinte gotiche “Mortaccia”, un’opera originale e sui generis che non lascia spazio a buonismi e false etichette e che, con forte complicità e sinergia dei protagonisti, traduce senza filtri né tregua il pensiero di vivi e morti, accomunati dalle stesse ipocrisie, dagli stessi difetti e dalle stesse cattive abitudini. Autoironica e molto naturale, Madame Mortaccia Pivetti ci ha parlato dell’approccio e dell’interesse immediato per questo testo teatrale, un interesse dettato principalmente dal bisogno di uscire dagli schemi e dalla staticità della televisione, e ci ha raccontato non solo del rischio corso nel mettere in scena uno spettacolo così diverso e a tratti terrificante, ma anche del piacere di interpretare un ruolo irriverente e cattivo così confacente alla sua natura e alla sua personalità. “Un ruolo quasi liberatorio” – ha dichiarato Veronica Pivetti – “che sul palco mi permette finalmente di dire cose che penso, ma che la società mi frena dal dire!”. Appassionata e versatile passa, dunque, dai panni di una simpatica e amabile prof a quelli cinerei e grotteschi di una letterale femme fatale, la Morte. Simbolica e al contempo tangibile, la morte viene qui affrontata con spirito ed ironia, col fiato e la falce sospesi a mezz’aria, e con una comicità mai scevra dall’impegno e da un’accurata riflessione sulla vita e sulla sua bellezza, di cui questo musical si fa inno. Dichiaratamente aperta alla sperimentazione e alla duttilità del suo mestiere, Veronica Pivetti non sembra sottrarsi alla sensibilità, alla nudità e alla percettibilità che solo gli attori di teatro possono donare ed offrire al pubblico, di cui sono costantemente in ascolto e da cui costantemente ricevono segnali, in uno scambio continuo di emotività. “La televisione mi gratifica molto – ha dichiarato ancora – “ma ha dei ritmi diversi dal teatro, perché ti costringe ad una memoria breve e rapida, mentre il teatro necessita di una diversa concentrazione e soprattutto di sedimentazione. Ed io avevo bisogno che qualcosa sedimentasse in me”. Sperimentazione e rigenerazione per attori e pubblico, quindi. Quello che da questo incontro è emerso molto fortemente, infatti, è il bisogno di offrire qualcosa di nuovo al pubblico, che altrimenti rischia di assuefarsi a quello che passa il governo (le solite maschere e i soliti ruoli insomma, ndr). Il pubblico non è così sordo e apatico come i luoghi comuni spesso vogliono farci credere, ma è attento e sensibile. Se gli si rifila sempre la solita minestra non si accorgerà neppure che esistono altri nutrimenti, ma se l’offerta è diversificata, allora il pubblico si aprirà alla scelta. Se lo spettacolo avrebbe avuto lo stesso successo senza la faccia di Veronicaccia, come lei stessa si è definita, non ci è dato sapere, ma ci piace pensare che l’originalità prima o poi ripaga, a riprova del fatto che uscire dai binari è faticoso, rischioso, ma sicuramente meno noioso.