Vito Lomele: “cari giovani inseguite il vostro sogno”

Intervista al nostro concittadino Vito Lomele sul mondo delle startup, sulla voglia di fare impresa di tanti giovani pieni di idee e che partono da zero

Conversano – Startup, ovvero speranze, fallimenti, passioni, sogni di tanti giovani italiani, e tra questi si spera anche di tanti giovani conversanesi, che hanno una idea imprenditoriale e vorrebbero vederla realizzata, vederla crescere fino al meritato successo professionale.
Dici startup e penso al nostro concittadino Vito Lomele che ha creduto in se stesso, ha saputo seguire i suoi sogni, le sue speranze, superare i fallimenti delle sue prime tre startup, riprovare sino a trasformare in successo una semplice idea (la quarta!) venutagli in mente, ovvero dare la possibilità a milioni di persone di trovare, in un unico portale, gli annunci di lavoro di oltre quaranta nazioni.
Vito Lomele ha seguito Jobrapido sin dalla sua fondazione fino alla acquisizione della società da parte del gruppo Daily Mail.
Vito, stiamo attraversando un periodo economico, nonché occupazionale, negativo che non induce all’ottimismo. Pensando ai ragazzi che hanno voglia di fare, che hanno una cultura imprenditoriale, di partire con una startup, cosa senti di dire, di consigliare loro?
“Cari aspiranti imprenditori: PARTITE!. Di questi tempi è più sicuro mettersi in proprio, che puntare su un posto di lavoro stabile. Ormai nessun posto di lavoro è stabile. Se avete un sogno professionale, partite e realizzatelo da soli, perché nessuno lo farà per voi. Né lo Stato, né altri datori di lavoro.
Inseguite il vostro sogno, ma tenete i piedi saldi per terra. Cominciando dalla cosa più ovvia: i soldi!. Quando partite con la vostra startup, la vostra priorità numero uno deve essere guadagnare. Non necessariamente per arricchirvi, ma sicuramente per sopravvivere. Perché, fino a quando non avrete dimostrato che la vostra idea di business è economicamente sostenibile, il vostro sogno imprenditoriale avrà i giorni contati.
Leggiamo spesso di mitiche startup americane finanziate per milioni di dollari, mentre non guadagnavano nemmeno un dollaro. Questo è un approccio valido e sensato, ma scordatevelo in Italia. Nel nostro paese non c’è il contesto per grandi finanziamenti di questo tipo.
Per costruirvi la vostra startup in Italia, dovrete finanziarvi da soli, semplicemente cercando di vendere il vostro prodotto, appena ne avete approntato uno, anche se è molto meno completo di come ve lo sognavate. Non state rinchiusi a rifinire il vostro prodotto e cercare investitori che vi coprano i costi. Uscite e andate a cercarvi dei clienti.
Quando avrete i primi clienti e sarete economicamente autosufficienti, potrete liberare la fantasia, perfezionare il vostro prodotto e finalmente inseguire il vostro sogno. A quel punto, ironicamente, spunteranno anche investitori interessanti alla vostra azienda, ma ormai non ne avrete più bisogno”.
In Italia non si è ancora realizzato quell’ecosistema, ovvero il pubblico e il privato che sostengono economicamente l’avvio di una startup. Quali sono i nodi ancora da sciogliere, i limiti culturali da superare, per far sì che questa cultura, che aiuterebbe i ragazzi nella creazione di nuove aziende, prenda finalmente piede anche da noi?
“In passato mi chiedevo il significato dell’ecosistema. Mi era chiaro il concetto, ma non riuscivo a collocarlo nella realtà Italiana. Poi quando l’ho sperimentato da vicino, da imprenditore, l’ho capito e mi ha aperto gli occhi.
In un “ecosistema” efficiente, vengono agevolati chi investe nella creazione di nuove imprese. Quindi nascono molte nuove aziende, nuovi posti di lavori e nuovi professionisti. Alcune delle nuove aziende falliscono, lasciando dietro di se tanti professionisti con idee ed ambizioni. Altre invece hanno successo, ripagando gli investitori in modo sproporzionato. Il ciclo si ripete: investitori, imprenditori e professionisti fanno tesoro di successi e fallimenti e ci riprovano. L’ecosistema si auto-alimenta e produce ricchezza per tutti.
Questo circolo virtuoso non è ancora decollato in Italia. Manca un anello della catena. Non si investe nella creazione di nuove imprese. Lo Stato potrebbe dare un grande contributo per avviare questo circolo virtuoso, per esempio con una politica fiscale che penalizza chi vive di rendita e agevola drasticamente chi rischia soldi investendo in nuove imprese.
Però, secondo me, non possiamo aspettare che lo Stato risolva la situazione. Lo Stato non può salvare gli Italiani. Gli Italiani si devono salvare da soli. Il cambiamento deve venire dal basso, dalla società. E gli imprenditori hanno un ruolo centrale nel cambiamento della società. Non solo perché creano ricchezza e occupazione, ma specialmente perché dimostrano che si può andare contro corrente e avere successo contro tutte le avversità”.
Qui in Puglia un piccolo ecosistema si è realizzato attraverso l’azione di Principi Attivi promossa dalla Regione Puglia. La conosci? E se si, cosa ne pensi?
“Probabilmente è prematuro parlare di ecosistema, però nutro grande ammirazione per il progetto “Principi Attivi” ed in particolare per il suo impatto sociale e culturale. L’instancabile Annibale D’Elia e la sua squadra hanno visitato ogni angolo della Puglia, promuovendo la cultura imprenditoriale, come una reazione alla stagnante realtà economica intorno a noi. Il cambiamento culturale, il cambiamento della società, è il seme della soluzione”.
In questi anni hai finanziato startup di giovani imprenditori?
“E’ un mio limite, ma riesco a far bene solo una cosa alla volta. Finora sono stato completamente concentrato sulla impresa che ho fondato alcuni anni fa, Jobrapido.com. Non ho dedicato le mie attenzioni a null’altro. Ma in futuro spero di poter investire in altri progetti e aiutare giovani imprenditori”.
Accade che una startup italiana, diventata una azienda globale, venga venduta a grossi gruppi esteri con un valore infinitamente più basso rispetto a una azienda americana che è simile e ha lo stesso business. Ti fa rabbia tutto questo? Perché l’azienda italiana si deprezza nel suo valore? E perché le exit si realizzano solo con gruppi esteri e non con quelli italiani?
“Verissimo! Le start-up Italiane subiscono una penalità da questo punto di vista. Alle startup italiane viene riconosciuto meno valore di quelle americane, inglesi, tedesche, ecc. La causa principale è l’assenza dell’ecosistema, di cui abbiamo parlato prima. Ovviamente questa circostanza fa rabbia a qualsiasi imprenditore. Ma per fortuna la maggior parte degli imprenditori ha un’attitudine costruttiva e trasforma qualsiasi ostacolo in una sfida da superare, invece di prendendolo come una fatalità”.
Quale è adesso la tua nuova frontiera? In quale luogo del mondo ti piacerebbe lavorare, intraprendere una nuova sfida imprenditoriale? Cosa bolle nella tua testa?
“Poco tempo fa ho completato la mia esperienza con Jobrapido.com. Mi ero ripromesso di staccare, riposarmi e dedicarmi agli hobby. Dopo qualche settimana ho concluso che il mio hobby preferito è di … costruire prodotti … e poi magari venderli … e poi magari assemblare un gruppo di persone per costruirli meglio e venderne di più. Insomma rieccomi a cercare di inventarmi una nuova impresa. Chissà se ci riuscirò questa volta. Però l’entusiasmo di trasformare una idea in una grande realtà, insieme con la paura di fare un grande buco nell’acqua, mi danno energia e motivazione”.
Domanda finale d’obbligo: a quando il ritorno a Conversano?
“La domenica della Madonna della Fonte! :)”

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