Il silenzio in cui è piombata la nostra città, ormai da anni, non è solo figlio della paura di girare per strada con il timore di fare brutti incontri o trovarsi di fronte a delinquenti malintenzionati. Non è causato dalla voglia di starsene in associazioni o luoghi collettivi per svernare e aspettare le rondini con la sua primavera. Questo silenzio è tipico di una comunità depressa fino all’inverosimile dove imperversa un “tutti contro tutti” che ne ha inaridito la creatività e la vita. Quella delle strade, delle piazze, dei vicoli e della voglia di stare insieme. Un silenzio assordante che richiama sicuramente ad una responsabilità la crisi che ci attanaglia ma anche l’incapacità di stare insieme per lenirla e gestirla con spirito di gruppo. Se c’è una stagione teatrale in corso, l’argomento di discussione non è la capacità recitativa di Veronica Pivetti o Ettore Bassi; è, invece, la diatriba che si apre su chi occupa le prime due file del teatro Norba. Non si guarda la luna ma nemmeno, in questo caso, il dito che la indica. Come se non ci fosse la prospettiva, il senso del domani dato che l’oggi continua a vivere nella più completa mediocrità.
Questa benedetta Città più che mai avvitata sui problemi di sempre con, in più, qualche centinaia di famiglie rimaste senza reddito. Un altro tabù assoluto nelle discussioni. Come se fosse utile nascondere sotto il tappeto che le aziende più solide economicamente in città, a cominciare da Telenorba per finire a Fattorie Riunite e Gessyca Gelati, nella propria crisi hanno naturalmente tirato dentro i lavoratori e le famiglie. Individuato il problema non se ne parla ed è come se non esistesse. E a volte non ne parlano nemmeno i lavoratori in cassa integrazione o già licenziati senza appello. E senza la solidarietà della propria comunità. Quanti di noi avevano pronosticato che quelle aziende fossero quasi immuni dalla crisi? Eppure ha colpito anche loro in maniera determinante ed è qualcosa che fa male a tutti. Nessuno può gioire delle condizioni di quelle aziende che hanno dato lavoro, ricevendo molto dai lavoratori, a tante famiglie creando professionalità e competenze nel terziario avanzato e nel mondo della comunicazione. Eppure non si vedono capannelli per strada in cui si parli della crisi di queste aziende e della disperazione di tante famiglie. La città è silente, semplicemente non partecipa, non c’è.
Non si fida più della politica avendo premiato solo a maggio scorso chi meglio le ha fatto capire di voler badare alle incombenze specifiche di ognuno, non mantenendo e non potendo mantenere alcuna promessa risultata subito vana. La politica si è nuovamente rintanata nel palazzo, maggioranza e opposizione me compreso, in una disputa in punta di fioretto su delibere determine e atti amministrativi non riuscendo a capire quale possa essere in questo momento una via d’uscita verso il futuro. La destra non c’è ma la sinistra nemmeno. Tutti impegnati in equilibrismi interni che agli occhi dei cittadini non destano un minimo di interesse.
La cultura e il suo mondo si trastullano nei propri spazi alla ricerca di sponsor e di pubblicazioni da esibire. Quanto ci manca l’approfondimento o eventi culturali capaci di dare respiro alla nostra città. E quei pochi che producono lavori e creano gruppi e laboratori teatrali non li conosce quasi nessuno e rimangono patrimonio di pochi inguaribili appassionati.
Quanto misera e poca è sembrata a tutti la nostra presenza alla fiera del turismo di Milano (BIT) dove siamo andati a fare volantinaggio come fossimo i parenti poveri di una Puglia che pur si sta imponendo nel mondo per le sue bellezze naturali e storiche.
E allora meglio non uscire di casa, a questo punto. Meglio rimanere nelle nostre quattro mura e aspettare. Attendere che qualcosa succeda, così fatalmente, e ci faccia tornare in giro per le strade e le piazze. Quando la criminalità organizzata ci lascerà in pace perchè sarà stanca di bruciare e corrodere il nostro tessuto produttivo o quando pioveranno iniziative culturali rivoluzionarie. O quando, semplicemente, avremo saputo nei nostri rifugi atomici (le nostre abitazioni) che piazza XX Settembre non è più la stessa o la zona di via Trepergole sarà stata completamente messa a nuovo e riqualificata. Fermo restando che ci accorgeremo che tutto ciò non sarà mai possibile se continueremo a non uscire di casa, a non indignarci, a non protestare, a non solidarizzare e a non chiedere ad alta voce che la città ha bisogno di essere rilanciata con il concorso di tutti e a rimboccarci le maniche. Tutto ciò non potrà avvenire se continueremo ad affacciarci alla finestra del cortile che non ci fa guardare nè il dito nè la luna ma solo a che ora il nostro vicino di casa deposita il sacchetto dell’immondizia nel casssonetto. Pieno e stracolmo di rifiuti e di speranze.

Ma chi è stato che ha esasperato gli animi in tutti questi anni? Chi ha dato addosso ai personaggi politici facendoli diventare “mostri”? Chi ha avuto da ridire su qualsiasi cosa fosse fatta? Quanti, fra tutti quelli che oggi urlano non si sono “fumati” il cervello? Chi ha fatto in modo che le attività culturali divenissero “poco culturali? E’ vero, abituati come siamo tutti a dare uno addosso all’altro, abbiamo perso l’orientamento. Non sappiamo più dove andare. Eppure è facile. Cominciamo a vivere in modo civile.