Un mercoledì qualsiasi. Anzi uno specifico, in cui ci si abbuffa di zeppole e si festeggiano tutti i papà. Non c’è molto da attendersi da una serata infrasettimanale qualsiasi a Conversano. La gente che esce è poca e le alternative latitano. Meglio rintanarsi in casa e vedersi la Champions. Decido di investire (in maniera fallimentare) un paio di euro in una scommessa, giusto per aggiungere un po’ di pepe alla cosa. Mentre cammino verso l’agenzia di scommesse mi imbatto nella processione in onore di San Giuseppe: l’età media è sempre più alta, ma c’è la banda al seguito a rendere quello stuolo di gente uno spettacolo pittoresco alla vista. Mi chiedo per quanto tempo ancora certe tradizioni potranno sopravvivere. Una decina di minuti dopo sono già a casa, sbracato sulla poltrona con lo sguardo immerso nello schermo del pc. Apprendo attraverso Facebook che poco più in là, nel centro storico, è successo qualcosa di grosso. Già si susseguono i commenti sentenziosi di quella massa virtuale che si aggrega ogni volta che accade un fatto di interesse pubblico. È più o meno la versione 2.0 dei crocchi di persone che improvvisamente si assemblano laddove prima non c’era nulla in occasione di incidenti, rapine e altri fatti simili in paese, con la differenza che in quel caso vi è quantomeno la presenza fisica a sopperire alla totale mancanza di informazioni in merito. L’argomento comunque è molto sentito, quindi la foga è in parte giustificabile. La settimana precedente si è chiusa con diverse auto bruciate e la nuova è cominciata con le bombe. Nel pomeriggio era stata addirittura indetta una conferenza stampa sulla sicurezza nella sala consiliare. Le notizie sono molto parziali e confuse. Di certo c’è che si è sparato in via Martucci. Ci siamo ormai assuefatti all’idea che certi episodi non ci riguardino, finchè si scannano tra loro. Ma via Martucci io la faccio quasi tutte le sere, e non solo. La percorro a piedi con un paio di amici quando la sera decidiamo, malgrado il freddo invernale, di concederci una birra e una passeggiata nella ‘grande bellezza’ che è il nostro centro storico, forse ancor più bello quando è deserto. Di via Martucci abbiamo parlato spesso. Abbiamo visto amori nascere e morire, abbiamo assistito a violenti litigi verbali in stile Spaccanapoli, abbiamo riconosciuto nelle inflessioni non tipicamente conversanesi di alcuni immigrati il multiculturalismo palesarsi in un piccolo comune del sud-est barese. E poi c’era un particolare che catturava ogni volta la nostra attenzione: una porta a vetri attraverso la quale era possibile vedere una televisione sempre accesa; ogni volta cercavamo di capire su quale programma fosse sintonizzata. Abbiamo spesso fantasticato che via Martucci sarebbe un soggetto perfetto per una serie televisiva. Un affresco di varia umanità condensato in una strada strettissima, tanto che agli albori di Youtube cercando Conversano ti ritrovavi a guardare un video caricato da una turista inglese incastratasi con la sua Mini cabrio (credo che il titolo fosse Car stuck in Conversano o qualcosa di simile, ho provato a cercarlo ma non l’ho trovato, molto probabilmente è stato rimosso. La cosa mi ha infastidito e mi ha fatto rendere conto dello scorrere del tempo). Via Martucci non ha nulla da invidiare alla Penny Lane dei Beatles. Tante piccole storie riunite in un centinaio di metri, un luogo familiare. Se Penny Lane è stata il teatro dell’infanzia di Paul Mc Cartney, io posso dire di aver trascorso parte della mia in via Martucci, avendo avuto una nonna che abitava da quelle parti. Chi non è mai andato a chiedere le ostie alle suore di San Cosma la domenica mattina?! Anche quel mercoledì sera abbiamo deciso di uscire. La città era più vuota del solito. Anche quella sera siamo passati da via Martucci. Per terra c’erano ancora gli striscioni a fasce bianche e rosse che si usano per delimitare una zona in cui è da poco avvenuto un misfatto. Non c’era la solita atmosfera. I fatti avvenuti nel pomeriggio sembravano aver incupito quel posto che per me ha sempre avuto un fascino magico nella sua apparente quiete. La porta finestra da cui si intravedeva il televisore sempre acceso era nascosta da due ante in legno ben serrate.
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Grazie Achille per aver reso in poche, efficacissime righe uno stato d’animo che condividiamo pienamente in tanti. Soprattutto per aver espresso con l’immagine delle “ante in legno ben serrate” l’enorme tristezza derivante dalla amara constatazione che abbiamo perso la voglia di lottare per difendere la “grande bellezza” del nostro paese e ci rinchiudiamo a difendere il nostro orticello. Abbiamo perso il piacere di una vita semplice e tranquilla, ma soprattutto onesta e vissuta anche per le strade e nelle piazze, condividendo emozioni e sentimenti non solo nei social network.
È vero ed è un male che “ci siamo ormai assuefatti all’idea che certi episodi non ci riguardino, finché si scannano tra loro”, ma continuando così scanneranno anche noi o i nostri figli che giocano per strada.
“Ci siamo ormai assuefatti all’idea che certi episodi non ci riguardino, finchè si scannano tra loro. Ma via Martucci io la faccio quasi tutte le sere, e non solo. La percorro a piedi con un paio di amici quando la sera decidiamo, malgrado il freddo invernale, di concederci una birra e una passeggiata nella ‘grande bellezza’ che è il nostro centro storico, forse ancor più bello quando è deserto”
Nelle organizzazioni criminali di stampo mafioso, l’uso della violenza non è “folle” o “senza motivo”, ma è strumentale: la violenza viene usata con chi ostacola il perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione stessa.
L’uso della violenza può essere esterno, e quindi rivolto a persone che non fanno parte dell’organizzazione, oppure interno: in questo caso un singolo mafioso, un clan oppure un’intera organizzazione instaurano una vera e propria guerra per il controllo di un territorio, di un mercato.
Queste non sono mie idee personali, ma un piccolo scampolo della lettura che dà Umberto Santino, uno dei massimi esperti in tema di mafia, degli elementi costitutivi dell’organizzazione mafiosa.
Non so dirti precisamente cosa bisognerebbe fare, per far tornare il centro storico di Conversano un luogo ameno e piacevole, Achille.
Posso dirti però, che se si vuole provare a rispondere alla domanda “Come fare?” bisogna partire da un presupposto.
A livello di dibattito pubblico, la presenza della mafia nella nostra società emerge soltanto quando questi episodi accadono.
Quando è tutto tranquillo, quando non si parla di minacce, di bombe, di sparatorie di morti ammazzati, la comunità è dormiente e non si prende carico di combattere la mafia. Non se ne parla, non permea i discorsi della comunità, anzi il suo parlarne viene in un certo modo scongiurato: “la situazione è sotto controllo, la mafia qui non c’è, Conversano è un paese tranquillo” et cetera.
In realtà la mafia c’è: gestisce il traffico di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, scommesse illegali, impone il pizzo ai negozianti, pratica usura, acquista e rivende armi, ma soprattutto si infiltra nelle istituzioni. E’ questo un altro elemento fondante dell’organizzazione di stampo mafioso: la ricerca continua e incessante di un rapporto diretto con il potere politico.
Partendo da questo presupposto, le risposte diventano nebulose, incerte, lontane, ma le domande si dispiegano: In che modo si è parlato della mafia in questi anni? Come si è combattuta la mafia a Conversano, a livello culturale, economico, giudiziario?
Capirai che facendosi domande, iniziando a parlarne, facendo permeare i discorsi di queste tematiche, si può iniziare. Quando c’è un omicidio si parla della violenza come del problema, e dopo un po’ ce ne si dimentica, non se ne parla più, tutti tornano inesorabilmente a tacere. Ma la violenza è semmai una conseguenza del problema: la presenza storica e radicata delle organizzazioni di stampo mafioso nella nostra società.
Capirai da solo che questo è un problema che permane, anche se non ci sono bombe, anche se non ci sono morti ammazzati. E’ da qui che bisogna partire, se si vuole ritornare a poter disporre, con tranquillità, della grande bellezza del luogo che si è sempre vissuto, che oggi è il centro storico di Conversano, ma domani potrebbe essere quello di Noicattaro, di Rutigliano, e dopodomani chissà.
La mafia non ci riguarda solo quando non puoi camminare tranquillo per le strade di una città: è perché nessuno si è fatto delle domande quando invece si poteva camminare in tranquillità, sul perché lo si potesse fare, che ora questa è venuta a mancare.
Ad maiora!