Resiste l’antica usanza di considerare i conviventi come adulteri
Conversano – Nemmeno Papa Francesco e le sue aperture sui divorziati hanno abbattutto antichi preconcetti di alcuni preti e parroci che vietano la cresima a chi convive già col proprio futuro sposo. E’ accaduto nella nostra Conversano ad una signora che, volendo convolare a giuste nozze con il proprio compagno, ha chiesto al parroco di essere cresimata. E la risposta è stata un no deciso: “ti puoi sposare ma non cresimare perchè convivi”.
Quella della convivenza, pratica ormai assolutamente normale nelle nostre città, continua a turbare il sonno di molti prelati, compreso qualche nostro parroco, che non ne vogliono sapere di guardare alla realtà dei fatti. Nemmeno dopo che, nei giorni scorsi a Roma, alcune “fidanzate” di preti hanno inviato a Papa Francesco una lettera in cui gli chiedono di riconsiderare la questione del celibato dei preti.
Il Concilio Vaticano II si è chiuso da tempo e molti preti si sono adeguati facendo grandi passi avanti ma, è ovvio, in molti sono rimasti al periodo preconciliare. E sicuramente nei prossimi mesi sarà lo stesso Papa Francesco ad affrontare il problema delle convivenze e del celibato dei preti con la solita determinazione.
Naturalmente la nostra concittadina non si cresimerà ma, invece, potrà sposarsi. Per la cresima non si paga nulla, per il matrimonio qualcosa alla parrocchia si è costretti a lasciare. A voler essere maligni a volte “si azzecca”.
Mi rivolgo a chi ha scritto questo articolo: la Cresima è la confermazione del messaggio cristiano incarnato nella propria vita. Chi convive o permane in stato di pubblico peccato (qualsiasi esso sia) non può ricevere la Cresima perché entrerebbe in una contraddizione di fatto. Il matrimonio invece è l’elevazione a sacramento di un patto umano e può essere celebrato basandosi solo sulla volontà libera di entrambi gli sposi di contrarlo. Diventa questo il primo passo per una conversione e quindi per ricevere la Cresima.
Invito il giornalista ad informarsi bene sul Concilio Vaticano II che impropriamente cita e sul magistero di papa Francesco. Si renderà conto delle panzane che ha scritto.
Lo invito inoltre a meglio informarsi sulla questione offerte legate ai sacramenti (anche questa impropriamente citata) per cogliere la seconda fesseria che ha pubblicato.
Capita molto spesso che su un articolo scritto in virtù di notizie ricevute, il problema non diventa l’oggetto dell’articolo bensì chi l’ha scritto. Senza voler ribattere alle parole che lei ha usato nei nostri confronti, vogliamo ricordarle che il sacramento è un dogma. Bene. Ma diventa utile ricordarle, inoltre, che “Chi convive o permane in stato di pubblico peccato” come lei afferma, deve poter ricevere esempi dall’entità che gli vuol far rispettare quel dogma. Vogliamo parlare degli esempi che la Chiesa offre? Vogliamo parlare del fatto che ciò che è dogma per un parroco non lo è per un altro? Vogliamo ammettere che a volte chi convive è costretto a non dire la verità dichiarando che non è convivente? E ricevendo clemenza da parroci che, pur sapendo, fanno finta di non sapere? Il rispetto di un dogma prevede l’ipocrisia a vita? E la verità non deve essere anch’essa un dogma per la Chiesa? Sono domande alle quali rispondere potrebbe essere utile per tutti. In un confronto che non deve prevedere le parole “panzane” e “fesserie”. Ma deve prevedere le parole “confronto” e “rispetto”.
Cara Redazione, caro Francesco, la Cresima è un punto d’arrivo ed insieme un punto di partenza in una vita che vuole considerarsi cristiana: c’è chi la riceve in età adolescenziale (periodo in cui in molti ritengono prematura anche la scelta del futuro scolastico di un ragazzino), c’è chi la riceve poco prima del matrimonio per una tradizione o meglio usanza secondo cui “se non fai la Cresima non puoi sposarti”. A mio modesto parere, non credo ci sia stata malafede da parte della signora in oggetto nel chiedere tale Sacramento, così come ritengo esagerato “scomodare” il Concilio Vatinano II ed addirittuta Papa Francesco per una questione del genere.
Inoltre, da umile peccatrice, la differenza tra “stato di pubblico peccato” e un eventuale “stato di peccato privato” che potrebbe essere al primo contrapposto, mi risuona sconosciuta e, con rispetto parlando, ridicola!
Un peccato resta un peccato, in qualunque luce lo si voglia guardare!
Se mi è permessa una riflessione: il buon senso ed il raziocinio che ognuno di noi possiede, unito al cuore buono (“Omnia munda mundis”) può evitarci la transumanza inetta da un eccesso all’altro. 🙂
Spett.le Redazione, l’autore dell’articolo dimostra non solo scarsa informazione in materia, ma anche una certa malizia… forse la sua conclusione è più diretta a sè stesso?
Se la signora ha chiesto il Matrimonio Cattolico come Sacramento, per quale motivo non dovrebbe rispettare le tappe del cammino previste dalla Chiesa? Nulla le vieta di andarsi a “sposare” civilmente al comune!
Desiderando il Sacramento, comprendendone l’importanza proprio in quanto tale, deve riconoscere che esso necessita di alcuni elementi fondamentali.
E comunque, per la Chiesa, è sempre una gioia!
Tornando all’autore, che comincia l’articolo parlando dell’apertura di Papa Francesco… se fosse così, non avrebbe avuto senso la lettera delle “fidanzate” di preti, così come lui stesso le chiama. Il cammino cristiano, appunto, è un cammino. La signora, potrà “sanare” la sua situazione con il Matrimonio e poi, pienamente consapevole delle sue scelte, chiedere la confermazione nel Sacramento della Cresima.
Sia il Matrimonio, sia la Cresima, sia la Comunione non si pagano! Per il Matrimonio invece ci sono dei bolli e delle spese concrete e reali. Il resto sono offerte che si possono dare o no… questa è una questione di coscienza. Certo è che pretendere l’uso di una chiesa, la presenza di un omino o una squadra che la tenga pulita e che la apra dalla mattina per consentire al fioraio di addobbarla, la presenza dello stesso omino o altri che al termine puliscano tutto il macello lasciato da riso e quant’altro, le luci, l’organo, eventuali coristi e via dicendo… per non parlare dell’indispensabile Celebrante e poi dire che tutto sia gratis e non comporti spese per la parrocchia… suvvia, un po’ di coscienza!
Se tutte queste cose le dovesse fare un “wedding service” si pagherebbero centinaia e centinaia di euro.
Chi “pratica” sa bene che anche per ricevere la Comunione bisogna avere il giusto stato d’animo… e la cosa vale anche per chi ruba, per chi froda, per chi tradisce, ecc… ma appunto sono situazioni “sanabili” con la Riconciliazione. Non così con la convivenza, che appunto è una situazione che permane… e che, nel caso della signora (per quel che ho capito) verrebbe “sanata” dal Matrimonio.
Però… è più facile cavarsi il sassolino dalla scarpa e sparare contro il parroco, magari per questioni passate e non digerite… anche così, spesso, “ci si azzecca”.
Una domanda a chi difende la decisione del parroco: voi considerate adulteri 2 persone che convivono: si o no?
Non si tratta di adulterio nel senso dispregiativo e limitato che oggi purtroppo ha assunto questo ternine. Si tratta di situazione irregolare come lo è qualsiasi unione fuori dal matrimonio. Adulterio viene da adulterare, modificare, distorcere, “storpiare”. Qualunque cosa che modifica o altera il Sacramento o lo “tradisce” è un adulterio. Giusto per farmi intendere, e solo al fine di far comprendere il concetto, chiunque aggiunge acqua o vino scadente ad un vino buono, lo adultera. In ogni caso, piuttosto che discutere in un blog di cose così delicate che riguardano situazioni che potrebbero coinvolgere anche l’intimo delle persone e quindi avere altri risvolti, invito a chiedere spiegazioni direttamente agli interessati… perchè a volte ci sono risposte così semplici e serene che potrebbero dirimere ogni dubbio senza lasciar spazio o malizia o cattivi pensieri di ogni genere.
http://www.news.va/it/news/udienza-generale-il-sacramento-della-cresima-al-ce