Magic in the Moonlight è un film del 2014 scritto e diretto da Woody Allen, con protagonisti Emma Stone e Colin Firth.
“Sud della Francia, 1928. Un famoso illusionista inglese, Stanley (Colin Firth), viene ingaggiato con lo scopo di smascherare una giovane sedicente sensitiva, Sophie (Emma Stone), sospettata di essere mossa da scopi fraudolenti ai danni di ricchi personaggi della Costa Azzurra. Inizialmente Stanley rimane profondamente impressionato da Sophie tanto che le sue certezze razionali cominciano a vacillare”.
Tra immancabili peripezie e colpi di scena si destreggia l’amore.
Conversano – Commedia frizzante come una coppa di champagne l’ultimo lavoro di Woody Allen, un film leggero da non prendere però alla leggera, un po’ come tutti i suoi film dove spesso sono le battute all’apparenza marginali ad evocare riflessioni ed associazioni brillanti.
A fare da sfondo ad una storia di amore e illusione una Costa Azzurra fine anni Venti, cui cede il passo una ouverture nella Berlino del 1928 (scelta non certamente accidentale in quegli anni), dove il protagonista porta in scena spettacoli di magia travestito da cinese.
Il ritmo è quello dell’età del jazz fitzgeraldiano, l’ambientazione è quella provenzale dell’eleganza, delle perle e dei cappellini vistosi, le battute sono quelle caustiche e sarcastiche dello humour inglese – panni che il britannico Colin Firth veste alla perfezione -, mentre i sentimenti sono quelli comuni e noti ad ogni epoca dove la realtà e l’illusione si intrecciano e si divertono a fare spumeggianti giochi di prestigio.
L’illusione, innescata sia dalla magia che dalla chiaroveggenza (temi non nuovi nei film di Woody Allen), è il soggetto indiscusso del film che, dietro la delizia dello humour, dei giardini incantati, del cielo stellato e dei panorami mozzafiato nasconde probabilmente ben più profonde riflessioni. L’inganno e la suggestione – siano esse nella magia, nella religione o nella stessa cinematografia – non danno forse rifugio all’uomo per nutrirlo e proteggerlo da verità amare e disillusioni? Il gioco di identificazione è arduo perché nel film ragione e sentimento si scambiano continuamente di ruolo. Se Stanley accusa la chiaroveggenza di illudere e ingannare il prossimo precludendogli la verità, allo stesso modo il suo raziocinio dominante lo protegge illudendolo che il suo è l’unico mondo (modo) possibile.
Certamente il film è una bella iniezione di immaginario lenitivo (non a caso in uscita prenatalizia) che abbatte il cinismo raziocinante e scettico del protagonista (e non solo il suo) enfatizzandone per certi versi la fondatezza. Il senso dell’illusione ingannevole e contraffatta viene, infatti, demolito a vantaggio di un soprannaturale tutto terreno e inaspettato: l’amore.