A Roma si apre la porta santa, in Piazza Carmine si grida “Viva il Re”

Da qualche anno, nel giorno dell’Immacolata, presso la chiesa del Carmine di Conversano  i seguaci del Regno delle due Sicilie ricevono la benedizione del parroco. Con tanto di messa e di aspersorio distribuito ai “combattenti” e nostalgici. Finito il rito la prassi vuole che tutti si canti l’inno del Regno delle due Sicilie e si gridi: “Viva il Re” dopo aver inneggiato alla Legge fondamentale del Regno delle Due Sicilie dell’8 dicembre del 1816, quando il Regno di Napoli divenne uno con il Regno di Sicilia.
Nella nazione dei nostalgici (ce ne sono di comunisti, di fascisti, di democristiani, di massimalisti e di riformisti), mi mancava l’ebbrezza di una festività, quella dell’Immacolata, al grido di “Viva il Re” con bandiere svolazzanti al vento di maestrale sul sagrato della chiesa.
Ma, devo dire che, incuriosito, ho ascoltato la benedizione del sacerdote, il parroco della chiesa del Carmine, e la poesia letta sul sagrato da un “combattente”, come l’ha chiamato a recitare lo stesso parroco. Una poesia dove, ritengo  a nome degli altri combattenti presenti in piazza, il verbo “pugnare” era ricorrente.
Allora, oltre l’ebbrezza di ascoltare il coro che inneggiava ad un sovrano ed un regno che da secoli non ci sono più, ho colto la sorpresa degli astanti storditi e increduli da tanta devozione e affetto. Se si sta dalla parte del Re bisogna combattere per difenderlo, of course. E allora anche la chiesa scenda in campo, quello di battaglia. Altro che anno giubilare della misericordia a Roma. Il nostro giubileo è qui, accanto al sovrano e al Regno delle due Sicilie. Chissà com’erano le piazze delle chiese tra il 1816 e il 1861 quando il Regno delle due Sicilie si andò a far benedire.
Ma per una mattinata, quella odierna, sembrava di stare a due secoli fa. Un prete, l’aspersorio, i combattenti seguaci del Re e il popolo a guardare e ascoltare l’inno al cospetto delle bandiere.
E dopo la “funzione” tutti a pranzare. Anche per i tifosi dei Borboni ci sono brioche. Maria Antonietta ne aveva lasciate in abbondanza qualche secolo fa”…se non hanno più pane, che mangino brioche”.
Non c’è che dire, la chiesa del Carmine regala sempre grandi emozioni. Di carattere e spessore diverse ma pur sempre emozioni e a distanza di quaranta anni.

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