Teresa Rotunno:“Aiutare il prossimo, non c’è cosa più bella per me!”.

Intervista alla nostra concittadina, Teresa Rotunno, medico chirurgo che vive e lavora in Svizzera

Conversano – Dopo alcune settimane Teresa Rotunno, nostra giovane concittadina che vive e lavora in Svizzera, ha risposto alle domande scrivendomi: “Scusami per il ritardo, ma credimi con i miei orari di lavoro non è sempre facile trovare cinque minuti di tempo!”.
L’attesa non è stata vana perché le risposte sono il racconto di una bella storia umana e professionale nata e portata avanti grazie alla tenacia di una ragazza che già a sei anni sognava di diventare medico chirurgo…. riuscendoci!.
Aiutare il prossimo e viaggiare, operare nei luoghi del bisogno e cura, è da sempre la sua missione.
E a Teresa, senza che sembri una retorica sdolcineria, ben si addice la benedizione del “viaggiatore” irlandese di San Patrizio:
“Sia la strada al tuo fianco, il vento sempre alle tue spalle, che il sole splenda caldo sul tuo viso, e la pioggia cada dolce nei campi attorno e, finchè non ci incontreremo di nuovo, Iddio ti protegga nel palmo della Sua mano”.
Teresa, presentati ai nostri lettori. Studi a Conversano e…. poi?
“Sono Teresa Rotunno, fiera cittadina conversanese, che ha svolto i suoi studi all’Università di medicina e chirurgia di Bari, ma che sin da sempre ha sognato di andare all’estero dove avrebbe potuto perfezionarsi, apprendere nuove lingue e scoprire nuovi orizzonti. Motivo per il quale ho svolto una parte dei miei studi in Spagna per poi specializzarmi in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica qui in Svizzera. Un sogno che poi è diventato necessità…”.
Come e perché hai deciso di svolgere la professione medica?
“Ero ancora una bambina di 6 anni quando ho deciso cosa avrei “fatto da grande”…Il medico chirurgo ho sempre detto…e cosi é stato…Coloro che indossavano i camici bianchi erano per me eroi. Sognavo di diventare una di loro!”.
Hai partecipato a varie missioni in India e Africa. Ci puoi raccontare in che cosa consistevano le missioni, per quali organizzazioni hai svolto la tua opera, e quali sono stati i motivi che ti hanno spinto ad operare in realtà così bisognose di assistenza e cura?
“Mi sono sempre detta che se un giorno fossi riuscita a diventare medico, avrei messo a disposizione le mie risorse per i più bisognosi. La voglia di aiutare assieme a quella di viaggiare, mi hanno spinta fino in India, quando ero ancora una studentessa di medicina. Ho svolto la mia prima missione di volontariato presso l’Institute for Indian Mother and Child, a Calcutta, assieme al Dottor Sujit Kumar Brahmochary.
Poi una volta diventata medico chirurgo a tutti gli effetti ho svolto il resto delle mie missioni in Camerun nel 2008, in Togo nel 2012 e in Benin nel 2014 presso ospedali dove i pazienti attendevano che il nostro arrivo per poter ricevere delle cure specialistiche. Assieme alla mia equipe, e con l’aiuto e partecipazione del mio chef , abbiamo anche costituito un’associazione dal nome “Atacora” (www.atacora-valais.org). Presto un’altra missione prevista per quest’estate.
I motivi che mi hanno spinto a far questo?
In realtà credo sia nata per far questo! Non c’è cosa più bella per me!”.
Le esperienze vissute in missione in cosa ti ha cambiato, arricchito, dal punto di vista umano e professionale?
“In tutto!. Penso che sia il minimo dir questo: ho ricevuto da ogni paziente più di quanto io abbia potuto donar loro”.
Vivi e lavori in Svizzera da anni.
“Per “noi espatriati” è tutto più semplice. Ci vuole più coraggio a restare in Italia”. Ti riconosci in questa affermazione fatta da Francesco Fanizzi, giovane medico chirurgo che lavora a Monaco di Baviera?
Hai mai provato rammarico per la decisione presa di lavorare in Svizzera? Ti fa rabbia non aver potuto svolgere la mansione di medico chirurgo qui da noi? Cosa manca all’Italia per farla essere un luogo dove restare dopo aver studiato?
“Vivo e lavoro in Svizzera da più di 6 anni. “Ci vuole coraggio a restare in Italia, ma ci vuole altrettanto coraggio a partire direi!”
Non é facile quando non si sa cosa ci attende, quando non conosciamo la lingua del posto, quando si ha a che fare con una cultura completamente diversa dalla nostra, quando si é costretti a lasciare famiglia e amici.
Ma una cosa é certa, nessun rammarico, anzi… La Svizzera mi ha aperto le porte, mi ha dato l’opportunità di specializzarmi lavorando accanto a chirurghi affermati e prestigiosi… Non potevo desiderare di meglio a livello professionale. Ma non è sempre stato facile… tante e dure ore di lavoro, notti insonni, tour de force senza fine…insomma, una vita da medico!
Certamente avrei voluto un giorno poter svolgere il mio lavoro nella mia terra dove sono nata e cresciuta. Ma come si fa a restare quando sai benissimo che sono “i figli di…” che vanno avanti, quando sai che i posti di specializzazione non sono sempre assegnati per meritocrazia, quando vedi che la Sanità Italiana diventa una vergogna per noi italiani!.
Il mio unico rammarico é che la mia famiglia e i miei amici, non possano un giorno beneficiare delle cure specialistiche che meriterebbero!.
Cosa manca all’Italia per farla essere un luogo dove restare dopo aver studiato? Di certo non il cuore, non la gente solare, non i magnifici posti che la contraddistinguono…ma i mezzi, le opportunità, le garanzie!”.
Domanda, rituale e finale, gastronomica amarcord: quale è il piatto tipico conversanese che più ti manca stando in Svizzera? Quando pensi di riassaporarlo?
“Oulalà…domanda complicata questa! Tutto ti basta?! Ma se proprio devo scegliere…i panzerotti!!!”.

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