Le contraddizioni sociali creano conflitti e scontri. Ovunque ma non da noi. Per gli scontri meglio così, ma la mancanza di conflitti sociali è una grave patologia. Se gli scontri li lasciamo a rivalità tra bande che tra un incendio di un’auto e l’altra, preferibilmente di notte, si sbrigano le faccende a modo loro creando il mondo parallelo e timori tra i cittadini, il conflitto sociale è pari a zero. Chi blatera e inveisce su facebook esaurisce la propria rabbia al momento del post ma non è disposto a scendere in piazza o a dedicare una parte del proprio tempo alla collettività perché “è tempo perso”. E così la città piomba nell’anonimato e relega le sue contraddizioni a fatti marginali.
E diventa così tutto normale, anche l’esposizione della mostra con opere del grande Giorgio Dechirico in Castello che fa il paio con il periodo di più grande “sporchizia”, come l’ha definita un anziano, in città. Una sporcizia fisica, invadente, cruda, maleodorante, melmosa. Una sporcizia che si vede e si sente in ogni angolo di strada e che non rende giustizia alle performance che la nostra città penserebbe di raggiungere. Una sporcizia che è fisica ma inaridisce gli animi, incattivisce gli umori e distribuisce pessimismo.
Giardini incolti, strade piene di buche in campagna e in città, piste ciclabili appena realizzate e già non più visibili sulle carreggiate, piazze abbandonate e rattoppate in maniera ridicola, immondizia per strada. E mostra di Dechirico a fare da contraltare e polo di attenzione dei pubblici amministratori che hanno da tempo abbandonato la cura e l’amore per la città.
E mentre i cittadini si sentono abbandonati in luoghi fisici lasciati al degrado, qualcuno di loro si lascia anche andare e contribuisce ad accentuare quel degrado perché sposa il motto che, se il pesce puzza sempre dalla testa, parti di chi quel corpo lo ha creato possono anche trasgredire. In un processo di massificazione al degrado urbano che rispecchia lo stato d’animo e il senso di impotenza di persone che continuano a pagare un servizio, per la raccolta dei rifiuti, che nemmeno ricevono. E con un’amministrazione comunale che continua a sostenere che tutto procede alla grande e che cosa mai potrebbe rappresentare una montagna di immondizia sotto il balcone di casa? “Basta che sta la salute”. Sperando.
E così una contraddizione così palese, quella dello stato di sporcizia della città e la mostra di Dechirico al Castello, giustamente ostentata da tutti, non si risolve in una protesta. Ma nell’accettazione della contraddizione che qualche giorno fa ha visto al centro di Piazza Castello “parcheggiato” un sacchetto di rifiuti nero, in bella mostra al centro della strada. Un omaggio della “sporchizia” nostrana alla metafisica di Giorgio Dechirico che nella sua vita di artista ne ha fatto pilastro delle proprie opere. Quel sacchetto di rifiuti è la nostra metafisica.
L’amministrazione comunale è concentrata su questa bella mostra e ha mollato completamente e da tempo, ben prima dell’evento, il bene della città per dedicarsi ad altro. I galantuomini di fine ‘800, dopo aver fatto la partitina a carte nel proprio circolo, passavano dalle piazze e si facevano salutare dal popolo che tornava dalle campagne. Fino a quando quel popolo non insorse e si recò nel regno del potere bruciando tutto e senza nemmeno più salutare. Ma così si tornerebbe allo scontro e io sono semplicemente per il conflitto. E consiglio di visitare la mostra su Dechirico che è un pezzo della nostra contraddizione.
Offcanvas menu
Non si può sentire. È un indecenza mai vista prima. che succede?
Lettre à Christophe de Beaumont.
Dal momento in cui fui in grado di osservare gli uomini, li guardai fare e li ascoltai parlare; poi vedendo che le loro azioni non somigliavano ai loro discorsi, cercai la ragione di questa dissomiglianza, e trovai che essere e apparire essendo per essi due cose tanto differenti quanto agire e parlare, questa seconda differenza era la causa dell’altra e aveva essa stessa una causa che mi restava da cercare. La trovai nel nostro ordine sociale, che del tutto contrario alla natura che nulla può distruggere, tuttavia la tirannizza incessantemente, e le fa reclamare senza posa i suoi diritti. Seguì questa contraddizione nelle sue conseguenze e vidi che spiegava da sola tutti i vizi degli uomini e tutti i mali della società. (Rousseau).