Con il centro studi “Il piacere di lavorare” a Conversano si parla di incentivi e diritti

Conversano – In un mercato in continuo mutamento, dove gli esclusi dal mondo del lavoro sono troppi e gli inclusi sono mediamente insoddisfatti, è necessario interrogarsi sul “piacere di lavorare” e tornare a parlare di lavoro. E’ quello che ha fatto la Fondazione Giuseppe Di Vagno cercando di offrire il proprio contributo di studi e di ricerca con “Il piacere di lavorare”, gruppo di lavoro composto da giovani studiosi e professionisti diretti e guidati da Francesco Errico, responsabile della sede Smile Puglia di Bari, Al primo incontro è intervenuto il professor Giuseppe Gentile docente di diritto del lavoro alla LUISS di Roma.
“Il lavoro – ha dichiarato Francesco Errico, anche responsabile degli incontri – è sempre stato un tema che ha diviso perché è il luogo dove le persone si esprimono. In un mercato del lavoro, quello italiano, ancora chiuso ed in parte bloccato, il nostro Centro Studi, non a caso ‘Il piacere di lavorare’, vuole dare un contributo di proposta ed innovazione, nell’epoca declamatoria dei redditi di cittadinanza. Nella società della conoscenza, lavorare dovrebbe tornare ad essere un piacere e non una condanna. Una riforma è già stata fatta, il ‘Jobs act’ – ha continuato Errico – Non risolve tutti i problemi, ma è un passo verso un mercato del lavoro più equo, perché ridistribuisce le tutele fra insiders e outsiders. Mi sono convinto che esistono due categorie di persone che attentano ai diritti dei lavoratori: quelli che vogliono comprimerli e quelli che dicono di volerli difendere. La soluzione per la tutela dei diritti potrebbe essere procedere più speditamente verso un ordinamento che preveda insieme flessibilità ed al tempo stesso sicurezza per tutti i lavoratori. Alludo principalmente ai paesi scandinavi dove è più facile trovare mantenere e progredire nella propria carriera professionale e sociale: il cosiddetto modello ‘flexicurity’, come negli ordinamenti più evoluti”.
Sono cambiati i mestieri, la composizione dei ceti sociali, le dinamiche e anche le aspettative degli individui. Come risolvere il problema dell’occupazione giovanile, come non soffocare le aspirazioni dei lavoratori?
“Noi registriamo un rallentamento delle tutele, ma non necessariamente questo coincide con una maggiore libertà di licenziare – ha sostenuto il professor Giuseppe Gentile – La scommessa del jobs act va nella direzione di voler avvicinare il nostro mercato del lavoro a quelli più avanzati di matrice europea introducendo elementi di ‘flex security’, introducendo cioè elementi di maggiore flessibilità nell’ambito dei rapporti di lavoro da compensare con una maggiore sicurezza derivante dal mercato, sicurezza di tipo sociale. In Italia occorre soprattutto questo secondo pilastro: più che incentivare il lavoro occorre accompagnare il lavoratore o anche i disoccupati, tutta la parte attiva del mercato del lavoro, in percorsi di reinserimento lavorativo. Qui registriamo ancora un grande gap rispetto a paesi più avanzati”.
Affrontare un argomento sensibile come questo, significa affrontare i diversi aspetti che si pongono. “Come si fa a non occuparsi di lavoro? – ha affermato Gianvito Mastroleo, presidente della Fondazione G. Di Vagno – Credo che la cosa più difficile sia occuparsene nella maniera giusta, concreta, facendo in modo che i dialoganti siano innanzitutto informati ed indotti a farsi delle proprie opinioni piuttosto che ideologicamente indirizzati verso una opinione o l’altra. L’avvio dell’attività dell’osservatorio sul lavoro è stato interessante sia per i contenuti di coloro che hanno posto le questioni sia per il pubblico vario e di ogni età”.

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