Gino Sibilia non c’è più. Scompare un artigiano riferimento per l’intera categoria

Una figura importante nel mondo degli artigiani

Conversano – Gino Sibilia se n’è andato. In punta di piedi, senza clamore. Eppure un segno profondo lo ha lasciato. Ho avuto la fortuna di conoscerlo 35  anni fa quando studente universitario con la passione del giornalismo mi sono trovato a misurarmi con un giovane artigiano intraprendente, di talento, carico di entusiasmo, uno degli esponenti di quella Conversano Eccellente che sotto molti aspetti è stata sempre di insegnamento per me come per molti altri capitani d’azienda. Perché Gino aveva tutte le caratteristiche che fanno di un artigiano un uomo di successo: coraggio, inventiva, spirito di sacrificio, attenzione maniacale ai dettagli e soprattutto umiltà, intraprendenza. Ed etica, mi permetto di aggiungere. Oggi è raro trovare persone così, e mi rattristo a pensare che molto probabilmente oggi ne abbiamo semplicemente una in meno, perché è sempre più difficile nel mondo che stiamo vivendo, assistere alla nascita di uomini di tale calibro.

Fondatore della propria impresa specializzata nel campo della tappezzeria e dei tendaggi, Gino ha costruito la sua impresa con stile, energia e innovazione, facendone di fatto l’azienda leader nel suo settore, un’azienda dinamica, al passo con i tempi, ora guidata dalle sue figlie delle quali andava orgoglioso. Gino, con la sua mitezza, era un punto di riferimento per tutti. Nonostante la sua ritrosia ad assumere incarichi e ruoli, era stato scelto dai suoi colleghi per guidare la Confartigianato, l’associazione cui orgogliosamente aderiva dai tempi in cui si chiamava Acai (Associazione Cristiana Artigiani Italiani), e a far parte del consiglio d’amministrazione della Cassa Rurale. Questi sono gli uomini che servono alle associazioni imprenditoriali, perché portano esperienza, serenità e valore. Non dimenticherò il giorno dell’inaugurazione della nuova sede in via Cartesio. Mi volle al tavolo dei relatori insieme al segretario provinciale e a don Vitantonio Laporta. Per lui non ero Antonio Galizia il giornalista della Gazzetta, ma il figlio di un artigiano che era riuscito a farsi strada nel mondo della comunicazione e poteva capire il mondo straordinariamente vario e creativo dell’artigianato. Gino non ha mai smesso di ricordarmi le radici: sono la tua forza, mi ripeteva. Senza alcun timore di smentita posso perciò dire che oggi ci ritroviamo tutti orfani di una grande figura professionale, un protagonista di quella “Conversano che lavora”, apprezzata oltre i confini cittadini. A Gino dobbiamo dire grazie e prenderne esempio.

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