La restituzione alla pubblica fruizione, e per quella destinazione, della GIL è motivo di soddisfazione per la Città e, si parva licet, anche per me (per tante ragioni).
Sono stato “basagliano” convinto e dunque per la chiusura dei manicomi e strutture aperte, “case alloggio” o “case famiglia”, per pazienti psichiatrici: personalmente ne promossi una a Conversano sul finire degli anni ‘80 su via Cozze, che ha funzionato (credo abbastanza bene) e per molti anni. Sapere che se ne inauguri una nuova, bella, grande, luminosa, accogliente, dovrebbe rallegrarci tutti assieme. Ma torniamo a quella che nel periodo fascista era la “casa” della GIL, con l’annessa palestra ginnica. La ricordo bene quella “casa”, dove si organizzavano le ”manifestazioni del sabato fascista”, e la “palestra coperta” nel pieno del suo funzionamento: con pavimento in legno, le spalliere, le pertiche e le corde; ma soprattuto i “cavalli” per il salto, ricoperti di biondo cuoio.
Caduto il fascismo i due immobili di fatto erano stati presi in carico dal Comune: ma solo “posseduti” senza alcun valido “titolo”. Nella “GIL” negli anni ‘50 s’insediò il neonato Liceo Scientifico; mentre noi giovani universitari, nella grande sala al piano terra con accesso da via De Amicis, organizzavamo i “théa danzanti pomeridiani”, faticando non poco per avere “le chiavi” dal Comune!: delle quali era depositario il buon Giovanni Lestingi. Uno dei problemi di cui si fece carico la Giunta nata dopo le elezioni del novembre del 1964, con la vittoria davvero sorprendente della lista dei socialisti con ben 13 seggi cui seguì l’elezione di Peppino Di Vagno a Sindaco della Città, fu l’acquisizione definitiva di quegli immobili al patrimonio comunale. Ci un gran fermento di giovani energie intellettuali intorno a quella Amministrazione. Fui fra quelle, assieme a Raffaele Loiacono, Mincuccio Macchia, il giovanissimo Luciano Lovecchio e tanti altri. Ricordo di essermi occupato del primo bilancio di previsione (era assessore al ramo l’avv. Simone Manchisi, non molto allineato con la maggioranza!), per il quale chiedemmo aiuto a Rino Formica, a quel tempo Vice Sindaco della Città di Bari. Di Vagno aveva appreso a Roma dell’esistenza di un Istituto delegato alla liquidazione del vastissimo patrimonio diffuso in tutt’Italia dell’ex Gil (Gioventù Italiana del Littorio); assieme al segretario della sezione del PSI, che se mal non ricordo era Gino Sacchetti, m’incaricarono formalmente di occuparmene. In effetti accertai che quell’Ente aveva sede, non a caso, negli immobili annessi allo stadio di Roma, anch’essi ex GIL. La Giunta, con la promessa di un simbolico rimborso spese, mi affidò formalmente l’incarico di occuparmene. Presi appuntamento e mi recai a Roma; incontrai un alto dirigente, tornai con la garanzia, credo anche con una lettera di conferma, che l’intero patrimonio poteva essere acquisito da parte del Comune, e a condizioni assolutamente accettabili. Sono passati molti anni e vado a memoria: credo di ricordare che la Giunta presieduta da Di Vagno abbia preso a cuore solo la ex Palestra, forse per l’urgenza e maggiore facilità, anche finanziaria, di provvedere alla ristrutturazione; laddove per il palazzo ex Gil ci sarebbe voluto un progetto, ma anche un finanziamento, molto più ambizioso. Ed infatti, non credo di mal ricordare che nell’ex palestra sia stata insediata (forse non senza contrasti con la dirigenza delle Scuole Elementari) una mensa scolastica gestita dal Comune (forse, ex ECA), mentre la pratica per l’acquisizione definitiva dell’ex Gil, pur positivamente avviata, fu trascurata dagli Uffici, al punto da essere stata ripresa, credo non senza oneri, molti anni dopo. Ma è una storia che non conosco. Apprendere oggi che quell’immobile sarà “adibito a Comunità Alloggio per utenti psichiatrici, così come da progetto iniziale datato 2009” davvero dovrebbe rendere tutti molto contenti.
Sia perché si riprende a dedicare attenzione ai malati psichiatrici, che non sono scomparsi!, e a strutture di assistenza di cui s’avverte forte necessità; sia perché quest’amministrazione offre la prova encomiabile di saper praticare il principio (troppe volte colpevolmente ignorato) della “continuità amministrativa”: portando, cioè, a compimento un programma ideato da personalità e adottato da amministrazioni precedenti di colore diverso, se non opposto. Avendo a cuore, cioè, l’ “interesse generale”, più che l’assai meno nobile partigianeria; peggio, solo il consenso.
Gianvito Mastroleo