Fiducia e responsabilità le colonne del prossimo governo locale. Pasquale Loiacono ha dato il meglio durante l’emergenza

È il momento di compiere la scelta su chi sarà chiamato ad amministrare la città di Conversano per i prossimi cinque anni. Forse la posta in gioco è anche più di questo viste le difficoltà crescenti che incontrano tutti, ad ogni livello, a raccogliere consenso e a governare. Chiunque vinca le elezioni avrà l’arduo compito di ricostruire una comunità politica nella nostra città, nel senso di una nuova relazione tra la sfera del quotidiano, oggi più complicata per un numero sempre maggiore di persone, e la dimensione politico-amministrativa chiamata a elaborare delle direttrici, un nuovo vocabolario condiviso in cui tutti possano riconoscersi una volta chiuse le urne.

E in questo senso uno dei temi più dibattuti in campagna elettorale è stato quello dei beni comuni. Declinati al plurale, per indicare luoghi e spazi della nostra città che hanno estremo bisogno di cura, oppure al singolare, per abbracciare l’intera città come un unico bene comune da custodire e promuovere, in ambedue i casi, spesso, è sembrato più un esercizio di retorica non esente da superficialità e pressapochismo. Perché quello dei beni comuni non è un tema buono per comizi e proclami elettorali ma uno stile di amministrare la cosa pubblica, capace di costruire alleanze inedite e innovative tra cittadini e istituzioni, capace di pensare ad ogni persona non come un peso ma come una risorsa e, per questa via, trovare risposte ai bisogni di ciascuno e della comunità.

Ha bisogno di fiducia e responsabilità condivise tra cittadini e amministratori perché le criticità delle periferie, la cura della bellezza, le difficoltà di chi non vede prospettive nella propria vita lavorativa e sociale e tanto altro ancora, non troveranno mai un risolutore solitario, un demiurgo, un “fuoriclasse” capace di compiere il miracolo. Anche se in campagna elettorale qualcuno ha cercato di farlo credere con fantomatici racconti di un recente passato che, in realtà, non è mai esistito.

Fiducia e responsabilità, invece, possono costituire non solo le qualità richieste al nuovo governo cittadino ma anche i parametri per compiere la scelta di questi giorni. La nostra città, come il resto del mondo, è stata travolta da una emergenza le cui conseguenze ci sono ancora sconosciute in tutta la loro drammaticità. È certo, purtroppo, che accanto alle emergenze sanitarie saremo chiamati ad affrontare quelle di natura sociale, difficoltà sempre crescenti per chi, già costretto a confrontarsi con la precarietà, non avrà più nemmeno quella cui aggrapparsi. Di fronte a questo scenario qualcuno, in verità, una scelta l’ha già fatta, decidendo di porre fine all’amministrazione Loiacono dopo nemmeno due anni. Attenzione, non si parla di tradimento, pugnalata alle spalle e via dicendo. Chi, anche per poco, ha frequentato le sedi di partiti e movimenti sa che di congiure ce ne possono essere e ce ne sono sempre state. Qui si sta parlando della fiducia tradita rispetto ai cittadini di Conversano che proprio quando vedevano nella istituzione un punto di riferimento, a prescindere dalla figura di Pasquale Loiacono che al di là di ogni dubbio in quella situazione ha dato il meglio, qualcuno ha deciso di sottrarglielo. Ma si parla anche del mancato esercizio della responsabilità di chi non ha preferito fuggire nel momento forse più difficile vissuto dal Paese dal dopoguerra ad oggi. E allora fiducia e responsabilità sono le colonne su cui costruire il prossimo governo locale, ma anche i principi che devono guidare il voto. I beni comuni quell’utopia concreta intorno a cui soprattutto i candidati più giovani possano declinare il loro impegno politico. Con l’augurio che siano lasciati liberi di agire, pensare, sbagliare. Soprattutto lasciandoli fuori dalle beghe che appartengono a stanchi protagonisti del passato. Una volta hanno chiesto a Eduardo Galeano cosa fosse l’utopia. Rispose: “lei è all’orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare”.  Con la speranza che loro, i più giovani, aiutino Conversano a camminare verso l’orizzonte.

 

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