L’intervista a quattro ricercatrici dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata
Bari – L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha fatto sì che realtà lavorative, come ad esempio quella laboratoristica, diventassero familiari, infatti oggi tranquillamente ascoltiamo termini come sierologico, tampone molecolare, tampone rapido, ricerca degli anticorpi, parole che sono diventate di uso comune.
Il laboratorio non è più quel luogo che, agli occhi dei non addetti al lavoro, può apparire freddo con apparecchiature, frigoriferi o congelatori e reagenti che danno all’ambiente quell’ odore caratteristico, frutto di miscele di vapori di alcool e acidi. Le immagini televisive hanno restituito al laboratorio il suo lato umano.
Lato umano che conoscono benissimo le quattro dottoresse protagoniste della nostra intervista, visto che nei primi mesi dell’anno hanno cementato la loro amicizia grazie alle ore passate in laboratorio a estrarre, amplificare e sequenziare il genoma virale del SARS- COV-2. Le professioniste intervistate fanno parte dell’equipe di biologia molecolare dell’IZS (Istituto Zooprofilattico Sperimentale) di Puglia e Basilicata diretta dal Dr. Antonio Parisi, equipe a prevalenza femminile visto che oltre al dottor Parisi l’altro componente appartenente al sesso maschile sono io.
La prima a rispondere è Angelica Bianco, laurea in biologia, dottorato in Neuroscienze e Medicina traslazione, frequenta la scuola di specializzazione in Biochimica Clinica a Bari e lavora in istituto grazie ad una borsa di studio:
Angelica, il lavoro lo fai per passione o la determinazione nasce dal senso di responsabilità?
La determinazione in qualsiasi cosa si faccia credo nasca sempre da una passione di fondo, almeno per me è così. Senza passione nella nostra realtà lavorativa credo sia difficile resistere e soprattutto sopravvivere. Il nostro lavoro è speciale, abbiamo la possibilità di “giocare” con consapevolezza e sicuramente responsabilità… Trovare il giusto equilibrio perché le reazioni portino ai prodotti o risultati voluti…prova e riprova finché non ci riesci e quando ci riesci è una soddisfazione per te e per chi ti circonda. Però come in tutte le cose a volte la passione non basta o comunque potrebbe non esser sufficiente. È importante anche il contesto nel quale si lavora…un contesto marcio finisce per inquinare anche la tua passione. Al contrario un posto sano alimenta la tua passione e i tuoi obiettivi di conseguenza.
Hai qualche rimpianto?
No, assolutamente nessuno e te lo dico senza alcuna esitazione. Rifarei tutto così come l’ho fatto. E non lo dico tanto per l’esperienza lavorativa quanto per quella personale. Ogni tappa vissuta mi è servita per imparare a muovermi meglio in qualsiasi situazione/circostanza. Sono state tutte esperienze diverse, alcune difficili che mi hanno abbattuta in determinati momenti. Ho sperato e desiderato finissero il prima possibile ma anche quelle esperienze, oggi ti posso dire che erano importanti da vivere. Il mio passato lavorativo ha formato il mio presente e mi ha dato la possibilità di ottenere quello che ho oggi. Un posto da precaria? Si ma lavoro comunque nel mio settore e soprattutto sono soddisfatta del lavoro che svolgo e poi penso che mi poteva andare peggio. Non ho mollato la spugna quando poteva essere la cosa più semplice da fare. Ho rischiato e ho vinto, sì ho vinto. Il mio futuro non lo conosco…ma sarà entusiasmante combattere per ottenere ancora qualcosa in più.
A Loredana Capozzi, biologa con la passione per la grafica chiedo:
Una scelta forte la tua, lasciare il posto fisso in ASL per il posto da ricercatrice in IZS, follia o voglia di non accontentarsi?
Appena terminata l’Università, vincere un concorso pubblico in ASL sembrava essere per me l’obiettivo più ambito. La grande voglia di mettermi subito alla prova nell’ambito pratico e professionale mi ha portato a partecipare a selezioni e prove in tutta Italia, e così mi sono imbattuta anche in un concorso per borsisti di ricerca all’IZS. Un ente che non avevo mai avuto modo di conoscere durante il percorso di formazione, ma che poi ha allargato i miei orizzonti sul mondo della ricerca e mi ha permesso di riscoprire il fascino della biologia molecolare, appena avvertito durante gli anni di studio. Quando l’anno scorso, a 28 anni, ho avuto la grande fortuna di vincere un concorso pubblico per un posto a tempo indeterminato, nella struttura ASL più vicina a casa mia, ho vissuto un grande conflitto interiore. Su un piatto della bilancia c’era la possibilità di occupare una buona posizione professionale, certa e sicura per la vita; sull’altro il sogno di continuare ad operare nell’ambito che più mi appassionava e in cui desideravo ancora crescere tanto. Alla fine di tante domande e paure ha vinto la scelta più razionale, che mi ha portato ad accettare il posto in ASL. Una realtà che ho voluto conoscere e che sicuramente mi ha insegnato e responsabilizzato tanto, ma dalla quale ho deciso di andar via dopo cinque mesi. Quando mi si è presentata l’occasione di tornare in IZS come ricercatrice sanitaria, ho capito che fare un lavoro capace di dare continuamente stimoli è una delle più grandi fortune che una persona possa avere. E’ vero, il lavoro non è tutto nella vita, ma occupa una grande parte delle nostre giornate. Per questo, trovo che svegliarsi ogni giorno con la voglia di impegnarsi con entusiasmo e al fianco di persone stimate sia una grande conquista ed un piccolo passo per una vita di soddisfazioni, anche se questo dovesse comportare un piccolo punto interrogativo sul futuro. Chi ha voglia di fare e magari ha acquisito competenze lungo il suo percorso, sono convinta che in qualche modo riuscirà a cavarsela.
Hai coltivato la passione della grafica, adesso quella passione ti torna utile per il tuo lavoro? Ad un giovane studente cosa consigli?
Una decina d’anni fa ho imparato, da autodidatta, ad utilizzare software di grafica digitale per dare espressione alla mia vena artistica, fino ad allora impressa solo su carta. Una passione, un piacevole hobby, che tutt’ora conservo e coltivo. Trovo sia un’attività complementare a quella prettamente lavorativa, capace di dare sfogo alla mia creatività. Ho sempre pensato che l’arte e la scienza siano manifestazioni diverse ma profondamente intrecciate ed in armonia tra loro: mosse dalla medesima propensione alla curiosità, risultano entrambe approcci con i quali l’uomo osserva e scopre il mondo. La manualità e l’abilità informatica acquisite con questa passione sicuramente si rivelano d’aiuto nel mio lavoro. Per questo motivo mi sento di suggerire a chiunque abbia una passione o una dote, di non trascurarla o abbandonarla, anche se apparentemente risulta in conflitto con il lavoro che sceglie di fare. Fosse anche “soltanto” per appagare un lato personale che nella vita di tutti i giorni trova meno spazio per esprimersi, trovo valga sempre la pena riservarsi del tempo per dedicarsi alle proprie attività predilette.
Continuo la conversazione con Laura Del Sambro, biologa con la passione per la chimica cosmetica e il Crossfit, anche lei lavora in istituto con una borsa di studio.
Laura, precaria, lontana da casa, lockdown, basta solo lo spirito dell’equipe a darti la forza di continuare con serenità?
Ci sono tanti fattori che mi danno la forza di continuare: in primis penso sia fondamentale e non scontato, in questo periodo così difficile per tutti, avere dei colleghi al proprio fianco con cui creare un ambiente lavorativo sereno, rilassato. Non meno importante l’appoggio della mia famiglia, sempre vicina anche se lontana. In fin dei conti ho capito che per essere una famiglia non bisogna necessariamente vivere sotto lo stesso tetto ed avere lo stesso cognome sul campanello; la famiglia è un filo invisibile, forte e indistruttibile, nonostante i 200km di distanza.
Altro fattore è sicuramente la voglia di imparare, mettermi in gioco e al servizio di un lavoro che mi possa far crescere nella vita, sia come persona che professionalmente.
Sogni nel cassetto?
Sogni nel cassetto ce ne sono tanti. Dal punto di vista lavorativo sono molto soddisfatta del ruolo che ricopro, ma continuerò comunque a studiare e spero anche a crescere professionalmente.
Al di fuori dell’ambiente lavorativo ho tante passioni, lo sport in primis; mi piacerebbe iniziare un percorso di allenamento a livello agonistico e magari partecipare ad alcune gare di interesse nazionale.
In secundis la passione per la musica classica e per il balletto, che ho abbandonato dopo gli studi in conservatorio; ho sempre sognato di entrare a far parte di una celebre orchestra.
Inoltre la passione per l’ambito della chimica cosmetica, che poi mi ha portato ad intraprendere gli studi in biologia; il mio sogno era quello di aprire un laboratorio cosmetico.
Ce ne sarebbero ancora altri ma qui mi fermo, non basterebbe una vita intera per aprirli tutti!
Concludo la mia conversazione con Anna Giannico, laurea in Tecniche di laboratorio biomedico, l’unica strutturata delle quattro.
Molti anni in giro negli IIZZSS d’Italia, poi il ritorno a casa, che differenza hai notato ?
Girare per lavoro mi ha arricchito professionalmente ma ancora di più umanamente. Lavorare con persone nuove e in contesti lavorativi diversi mi ha insegnato molto da diversi punti di vista. Professionalmente mi ha fatto acquisire nuove competenze, umanamente mi ha fatto capire quanto sia importante il lavoro di squadra, condividere le proprie conoscenze, dare e avere fiducia nei propri colleghi, confrontare idee diverse e provare ad applicarle insieme. Sostengo che una differenza sostanziale in ogni luogo di lavoro è quasi sempre rappresentata da chi dirige una struttura, dalle sue competenze ma anche dalla sua empatia; in una sola parola dal suo modo di essere “leader”. E’ innegabile che spesso il temperamento sia in grado di trascinare la squadra verso obiettivi ben precisi, contando su collaboratori con ruoli diversi e con competenze specifiche. E’ altresì importante riconoscere e valorizzare ogni ruolo: proprio a proposito di questo ultimo punto, trovo che la figura dei collaboratori, soprattutto nel nostro sud, sia spesso sottostimata e non considerata abbastanza sia dal comparto dirigenziale che dall’utenza dei servizi sanitari. Aver lavorato in contesti a volte migliori per alcuni aspetti, mi ha dato la consapevolezza che, per cambiare determinati luoghi comuni, bisogna riappropriarsi del proprio ruolo e far conoscere fuori il valore del nostro contributo, non inferiore a quello della parte dirigenziale e amministrativa nella sanità pubblica.
Hai dovuto fare delle rinunce per lavorare?
Si. Ho dovuto rinunciare alle mie comodità, ho dovuto trasferirmi più volte da una città ad un’altra e anche nella stessa città. Ho rinunciato a molti viaggi di piacere per dare priorità a viaggi per concorsi e per corsi di formazione. Ho dovuto lasciare i miei solidi punti di riferimento da 25 anni per poi trovarne altri ma solo in me stessa. Fare rinunce per lavorare non è stata una scelta ma una necessità, che si è rivelata la più preziosa della mia vita formativa lavorativa e personale. Io auguro ai giovani di fare esperienze in posti diversi, di confrontarsi il più possibile e di tornare a lavorare nella propria regione con un bagaglio più ricco di conoscenze e di capacità di fare bene per se stessi e per gli altri.
Ascoltando le parole delle mie colleghe noto che il denominatore comune della loro esperienza professionale e umana sia la determinazione ovvero la voglia, il desiderio e la spinta che ci porta a “trovare il giusto equilibrio perché le reazioni portino ai prodotti o risultati voluti” non solo in laboratorio ma soprattutto in ogni situazione che ci troviamo ad affrontare.