Amicus certus in re incerta cernitur [Si cerca l’amico certo quando si è nelle cose incerte] (Motto latino)

L’amicizia è uno dei sentimenti più alti e perduranti che esistano. Nei casi più significativi abbraccia una vita intera. Oggi però se ne sta abusando, al punto che, nei social molti vantano di avere migliaia di “amici”. Io li chiamerei per quello che sono: dei meri “contatti”.

La frase latina, che ho voluto tradurre in un modo non del tutto ortodosso ma che mantiene intatta il gioco dell’allitterazione, mette però in evidenza che l’amicizia vera è quella che emerge stabile e rassicurante soprattutto nei momenti di difficoltà, quando si vede davvero la portata di questo grande affetto umano. E le vere amicizie talvolta non superano in numero le dita di una mano.

Ecco perché non posso non avallare il seguente pensiero dello scrittore Jonathan Coe: “Alla soglia dei cinquant’anni senti che il tempo non è più infinito e se in questa fase del viaggio riesci a conservare in po’ di amici veri sei fortunato”.

La nascita di una grande amicizia è misteriosa come quella di un grande amore. Cionondimeno esistono delle condizioni per cui essa possa sbocciare. Molto spesso fanno da innesco interessi comuni, anche se da soli non bastano. Uno dei terreni più fertili per l’amicizia è la scuola. Nel libro L’amico ritrovato Fred Uhlman così descrive l’incontro tra i due protagonisti, uno ebreo e l’altro tedesco, nel pieno dell’esplosione della follia nazista: “Fino al giorno del suo arrivo io non avevo avuto amici. Nella mia classe non c’era nessuno che potesse rispondere all’idea romantica che avevo dell’amicizia, nessuno che ammirassi davvero o che fosse in grado di comprendere il mio bisogno di fiducia, di lealtà e di abnegazione, nessuno per cui avrei dato volentieri la vita”.

Mai come in questa crisi pandemica sentiamo il bisogno di aver vicino degli amici veri e fidati, di cui avvertiamo la mancanza della presenza fisica. Voglio svelarvi una cosa. La frase latina citata me la fece conoscere colui che sarebbe diventato il mio più caro amico di sempre, che ora non c’è più e di cui non potrò mai mancare di sentire il peso dell’assenza. Mi piace citare a questo proposito una frase detta nel film “Centochiodi” di Ermanno Olmi: “Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico”. La frase è paradossale perché Olmi in realtà era un grandissimo lettore. Ma nel paradosso dice una cosa forte riguardo al primato dei rapporti umani.

Nella speranza di riuscire a ritrovare al più presto queste presenze fisiche di amici veri e certi, chiudo con le seguenti parole tratte dalla canzone “Gli amici miei” di Roberto Vecchioni:

“Tornano tutti gli amici miei
forse non sono partiti mai
erano qui dentro di me
e non l’avevo capito mai.”

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