Il lavoro di Boccuzzi recensito anche all’estero in Olanda
Conversano – Benedetto Boccuzzi è uno di quei conversanesi che regalano emozioni, emozioni figlie della sua arte della sua musica. Benedetto con i suoi soli 30 anni vanta un percorso musicale che testimonia anni di studio, dedizione e soprattutto passione e devozione al pianoforte. Lo strumento, nelle sue mani, diventa ambasciatore di secoli di storia. Nel suo album “A Claude” c’è difatti la sintesi di oltre un secolo di composizioni che, partendo da Debussy, giungono a Boccuzzi in un percorso che lascia l’ascoltatore sospeso in un limbo di emozioni che solo la musica classica molte volta sa offrire.
“A Claude è l’album di esordio di un pianista non debuttante”. Fiorella Sassanelli esordisce nel libretto che descrive l’opera con questa fotografia del lavoro e soprattutto del suo autore. Benedetto è questo, un artista che negli anni ha contaminato e fatto crescere la sua arte in giro per l’Europa con il cuore sempre puntato su Conversano che oggi, purtroppo solo virtualmente, lo torna ad ascoltare in questo album che descrive gli ultimi 15 anni di lavoro e passione. Abbiamo incontrato Benedetto Boccuzzi per parlare del suo album e di tanto altro, di seguito il video del colloquio con lui e Margherita Rotondi direttrice artistica di Palazzo Pesce.
Dicono di lui
1) À Claude – Recensione 15/02/2021 Opusklassiek Critico musicale: Aart van der Wal, 2021
originale in olandese: https://www.opusklassiek.nl/cd-recensies/cd-aw/boccuzzi01.htm
Traduzione in italiano:
Questo favoloso recital mostra la versatilità di Benedetto Boccuzzi (1990, New York) come pianista e compositore. Non ho idea di quanto sia ampio e vario il suo repertorio, ma a giudicare soltanto da questo cd deve essere molto sostanzioso. Lo deduco soprattutto dalla facilità con cui ha dato a questi tanti stili musicali diversi un volto del tutto individuale: ogni lavoro sta davvero in piedi da solo, il che può essere in parte spiegato dal fatto che lui stesso è un compositore. Mi viene spontaneo: l’approccio di Boccuzzi a questa musica ha forti affinità con quello di Benjamin Britten come pianista, come se ci fosse un dialogo tra due compositori. È un processo altamente creativo che accende (o almeno dovrebbe accendere) immediatamente l’ascoltatore. Si è testimoni di un percorso narrativo che è lanciato in forma perfetta e in cui a condurre è uno spettro espressivo profondamente stratificato, ricco anche di – raccomandata! – invenzione del momento (che a mio avviso dice qualcosa sulla portata creativa di Boccuzzi come improvvisatore).
Se i tempi sono già perfettamente scelti, i cambi di tempo stessi trasudano una naturalezza che non intacca nemmeno per un momento la compattezza della forma. In questo recital, movimento, forma e contenuto vanno insieme in modo fenomenale. Questo vale non solo per la musica stessa, ma anche per la composizione del programma. È “semplicemente” magistralmente fatto, splendidamente suonato e così pieno di finezza che mi ha incoraggiato ad ascoltare questa eccezionale performance ancora e ancora. C’è quel senso del colore molto sviluppato, la capacità di incanalare anche la voce della sregolatezza, e l’abbraccio amorevole di Boccuzzi alla bellezza capricciosa di queste miniature del ventesimo secolo, il cui vettore è chiaro: lungo Debussy, Messaien e Takemitsu, con la miniatura che gioca il ruolo più importante.
Un brillante album di debutto per Benedetto Boccuzzi, un nome da ricordare!
2) À Claude – Recensione 07/02/2021
Art Music Lounge Critico musicale: 2021 Lynn René Bayley
originale in inglese: https://artmusiclounge.wordpress.com/2021/02/07/benedetto-boccuzzis-debut-album/
Traduzione in italiano:
Nelle note per questo disco Fiorella Sassanelli ci dice che Benedetto Boccuzzi è un giovane pianista, appena trentenne, che “ha intrapreso percorsi ben precisi in termini di scelte estetiche e di repertorio che gli permettono di presentare un disco che cattura l’ascoltatore senza essere necessariamente una monografia inedita frutto di qualche scoperta musicologica o di qualche rarità di repertorio”, anche se la musica di Diana Rotaru (nata nel 1981) è effettivamente piuttosto esoterica e per nulla conosciuta come gli altri compositori qui presentati. Boccuzzi, che si esibisce regolarmente in Europa, dice nel libretto che si sente “come un mago che tira fuori invenzioni fantastiche da una scatola delle meraviglie”. L’uscita di questo CD è prevista per la prossima settimana (15 febbraio). Certamente, il suo approccio alla musica di Debussy è del genere etereo, ed egli usa la musica di questo compositore per delimitare il suo recital, le Images all’inizio e le Deux Danses alla fine. Tuttavia, nonostante il suo tocco leggero e l’uso del pedale, il suo Debussy non è manierato o altrimenti romanticizzato; ha una forte somiglianza con il modo in cui Michael Korstick suona le opere di questo compositore. La sua scelta del restante repertorio su questo CD ha lo scopo di mostrare l’influenza di Debussy su compositori successivi che hanno scritto in stili completamente diversi basati sulla stessa estetica di base.
Nonostante sia italiano, il suo stile suona molto più profondamente radicato nella scuola francese, simile a Casedesus e persino, per certi aspetti, a Cortot. Aiuta anche il fatto che il posizionamento dei microfoni è perfetto, catturando pienamente il suono di Boccuzzi come se stesse suonando nel vostro salotto e non cercando di emulare una sala da concerto vuota. È anche un maestro a livello tecnico che riesce a far sembrare facili i passaggi più difficili senza essere superficiale. E quando passa da Debussy al suo un po’ strano (quasi) Notturno, si riconosce la connessione con Debussy nonostante a volte suoni le corde interne del suo strumento, non per un effetto dozzinale ma per dare colore ed enfasi. Questo pezzo è molto più audace di Debussy dal punto di vista armonico, e ha una forma meno definita; a volte, suona come se stesse anche fischiettando dolcemente mentre tiene giù un accordo di basso. Da lì passa alla musica di George Crumb, che non è così diversa dal suo stile, e la suona davvero molto bene.
E così come Boccuzzi mostra i legami tra Debussy e la sua musica, la sua musica e quella di Crumb, poi si rivolge a Messiaen come un collegamento precedente tra tutti loro. Boccuzzi suona anche Messiaen un po’ più nitido e meno romantico di quanto facciano molti pianisti francesi, eppure mantiene ancora una sensazione leggera e ariosa per la musica. Come si scopre, Debumessiquise di Rotaru è un altro pezzo nello stampo di Messiaen, che combina momenti di atmosfera amorfa con componenti più strutturati, con alcune veloci fioriture in tastiera. Da Messiaen e Rotaru, passiamo poi a Takemitsu, la cui musica è ancora più astratta ma all’interno della stessa scuola di base. Boccuzzi torna poi a Debussy per concludere con la sua personale trascrizione dei Deux Danses per arpa e orchestra. È un tale piacere ascoltare un pianista con un recital fantasioso che combina musica dall’inizio del 20° secolo a più tardi in quel secolo così come dal 21°. Se solo più artisti avessero l’immaginazione artistica e la mente aperta di Boccuzzi!