Io sono donna. Nata qui io morirò. Mai il viaggio felice verrà con la sua ala ad aprire il mio orizzonte. Niente conoscerò del mondo di passaggio al di là del muro che limita la mia casa […] Io sono donna. Resterò nel mio recinto… Nelle età delle quali resta un solco di memoria, io non potrò mai rivivere con la storia. Non una parola che parli per me. Io sono donna. (Clémence Robert, Parigi 1839)

In questi giorni, a seguito della formazione del nuovo governo, si è molto dibattuto sulla questione della parità di genere, una questione annosa e tutt’altro che risolta. È inoltre appena trascorsa la Giornata Internazionale della Donna. Mi è sembrato pertanto opportuno utilizzare questo spazio per riflettere sull’argomento attraverso la lente di ingrandimento della letteratura.

La poesia di apertura è malinconicamente emblematica di uno stato di segregazione forzata quale la poetessa francese Clémence Robert evidenzia nella condizione femminile francese di inizio Ottocento. I versi sono potenti ed autoevidenti e quindi molto belli. Perché la verità, la nuda verità, quando si colora di mestizia è di una bellezza inarrivabile.

Il secondo contributo letterario è il libro biografico “Vita della signora Curie” scritto da Eve Curie, figlia della due volte Premio Nobel Marie Curie.

In questo volume, che farei leggere a tutte le studentesse e studenti, si narra la vita straordinaria di una donna straordinaria, Maria Skłodowska (poi diventata Marie Curie), di origine polacca e trasferitasi a Parigi ove si iscrisse alla facoltà di Scienze della Sorbona. Diventò in seguito la prima donna a insegnare in quella prestigiosa università. Ma per arrivare a quel risultato, dovette studiare in modo durissimo, conducendo una vita monacale in una stanzetta fredda e inospitale. Ecco un passaggio del libro:

“Una volta ci fu un’ondata di freddo; la provvista di carbone era esaurita, e, nell’abbaino, c’era un gelo polare. Marie non riusciva a dormire: tremava e batteva i denti. Ma era ammissibile che una ragazza polacca non potesse resistere a un inverno parigino? Marie riaccese la lampada, andò ad aprire il grosso baule, prese tutti gli indumenti che trovò e se li mise indosso. Poi tornò a infilarsi a letto e mise sulla coperta il vestito di ricambio e la biancheria. Ma aveva ancora freddo. Allora, tirò verso di sé l’unica seggiola che possedeva e si mise addosso anche quella, tanto per avere l’illusione del peso e del calore.

Aspettò il sonno senza muoversi, per paura di far crollare l’impalcatura di cui lei formava la base vivente. Nel frattempo, sull’acqua della brocca, andava formandosi lentamente uno strato di ghiaccio.”

Marie Curie dovette comunque lottare per tutta la vita, per affermarsi come scienziata e come donna, non senza difficoltà dovute al suo appartenere al genere femminile.

Un ultimo, recente, e luminosissimo esempio di donna che lotta per i diritti dei più deboli è quello di Malala Yousafzai, Premio Nobel per la Pace. Questa ragazza pakistana, subì un terribile attentato dai talebani soltanto perché stava esercitando un diritto che a noi sembra banalmente acquisito: quello dell’istruzione. Fu infatti colpita gravemente alla testa da uomini armati saliti sul furgone scolastico su cui era lei, di ritorno da scuola. Scampata miracolosamente alla morte, è diventata un’attivista per i diritti delle donne e dell’istruzione dei bambini.

Dal suo libro autobiografico “Io sono Malala” del quale è già molto significativa la dedica (“A tutte le ragazze che hanno affrontato l’ingiustizia e sono state zittite. Insieme saremo ascoltate.”) voglio riportare l’incipit e la conclusione:

“Sono nata in un paese creato a mezzanotte. Quando sono quasi morta era appena suonato mezzogiorno.

Un anno fa sono uscita di casa per andare a scuola, e non ci sono mai più ritornata. Sono stata colpita da una pallottola talebana e mentre mi portavano lontano dal Pakistan non ero cosciente. Qualcuno dice che non rivedrò più la mia casa, nel villaggio della valle dello Swat, ma io voglio credere con tutta me stessa che invece ci tornerò. Esser strappati dal paese che si ama è qualcosa che non auguro a nessuno.”

“La pace in ogni casa, in ogni strada, in ogni villaggio, in ogni nazione – questo è il mio sogno. L’istruzione per ogni bambino e bambina del mondo. Sedermi a scuola a leggere libri insieme a tutte le mie amiche è un mio diritto. Vedere ogni essere umano sorridere è il mio desiderio.

Io sono Malala.”

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