Al di là del grave momento che la scuola italiana sta vivendo in emergenza, non vi è dubbio che i grandi mutamenti derivanti dall’uso delle tecnologie, con l’avvento della Rete, di Wikipedia, dei social, delle chat, di Youtube e di tutto quello che vi gira intorno, implichino la necessità di ripensare seriamente tutto l’impianto educativo e formativo. E non sarà cosa facile.
Essendo questo spazio dedicato alla riflessione letteraria, cercherò di far parlare a tal proposito i maestri del pensiero.
Qualsiasi riforma scolastica non può prescindere dal considerare il rapporto tra conoscenza e pensiero. Quando insegnavo citavo spesso questa frase di Confucio: “La conoscenza senza pensiero è fatica sprecata, il pensiero senza conoscenza è pericoloso”. In sostanza non si può non rielaborare personalmente e criticamente quanto si apprende, altrimenti si perde tempo, ma è anche vero che non si può far agire il pensiero al di fuori dei sentieri del conosciuto. Far ciò può essere pericoloso come mangiare i funghi dopo averli raccolti senza sapere se sono o meno velenosi.
In questa dialettica tra pensiero e conoscenza si devono declinare le mutazioni del contesto in cui si vive. Lessi pochi anni fa che in Danimarca concessero sperimentalmente l’utilizzo di Internet in diretta durante gli esami scolastici: un modo interessante di slanciarsi nel contemporaneo, sapendo che ora la sfida è la capacità critica di navigare tra un’enorme massa di informazioni e nozioni, schivando le fake news e soppesando bene quanto si legge.
Un altro tema scottante è l’utilizzo della memoria, cosa oggi probabilmente meno significativa del passato vista la capacità di recuperare informazioni in tempo reale sul web.
Tutto questo richiederà sforzi non banali, perché il rischio che la scuola si disallinei dalla realtà ogn’or mutante è molto alto, e renderebbe vera la paradossale citazione dello scrittore ed editore Leo Longanesi.
Tenendo in conclusione presente che il faro debba comunque essere il rapporto tra pensiero e conoscenza, e ricordando che è appena stato celebrato il Dantedì, non posso non concludere citando il sommo poeta:
“Non fa scienza, sanza lo ritenere, avere inteso”.