Oggi vorrei parlare di una questione che mi sta particolarmente a cuore: la qualità.
Con la presenza sempre più invadente della Rete, dei social e degli innumerevoli canali televisivi, con la loro ansiosa attenzione a raggiungere il maggior numero di utenti, la qualità sta perdendo sempre più rilevanza. A favore della quantità.
La cosa più drammatica è che tale fenomeno si sta diffondendo senza neanche che si faccia più caso. Giudicare – tanto per fare un esempio – la bontà di una serie televisiva in funzione del numero di persone che la vedono è davvero un errore madornale, soprattutto da parte della televisione pubblica.
Eppure così vanno le cose. Sui social poi proliferano concorsi in cui vince chi ha più “like” scatenando vere e proprie “campagne elettorali” in cui chi vota non si rende neanche conto di cosa sta votando, facendolo magai per compiacere un amico o conoscente.
Tornando nello stretto ambito letterario, vi sono molti scrittori mediocri che hanno trovato il successo e che pubblicano un libro all’anno come se scrivere un romanzo sia produrre un oggetto in una catena di montaggio. Sono lontani i tempi in cui un Alessandro Manzoni o un Victor Hugo impiegavano decenni per mettere a punto il loro capolavoro.
È con quest’ottica che si deve leggere la profonda frase di Nietzsche, che invita a scrivere col sangue, ossia con fatica strenua verso qualcosa di alto, di unico, di memorabile.
Anche Ernest Hemingway arrivò alle medesime conclusioni quando scrisse in modo ironico, la seguente frase:
“Non c’è niente di speciale nella scrittura. Devi solo sederti davanti alla macchina da scrivere e sanguinare.”