Nella società liquida in cui ci troviamo, grande rilevanza è riservata all’informazione. Da quella ordinaria a quella scientifica e, altresì, a quella politica. Potrei ancora continuare nella tassonomia dei vari tipi di informazione, ma non è questo il punto su cui vorrei porre l’accento.
Quello che metterei in risalto è che oggi, grazie a Internet, al diffondersi dei media e con l’avvento dei social – si pensi solo alla figura degli influencer – i canali informativi sono divenuti tantissimi.
Si pone pertanto il problema dell’attendibilità delle fonti e, di conseguenza, della veridicità delle notizie. È un problema davvero scottante. Le notizie infondate o volutamente fasulle – quelle che con l’ormai smodato uso dei termini anglofoni chiamiamo fake news – sono un fenomeno talmente diffuso che s’impone con urgenza ogn’or crescente il problema di come porre loro rimedio.
In piena pandemia stiamo assistendo al parossismo del fenomeno dei no-vax. Una cosa invero raccapricciante che è la punta contemporanea dell’iceberg della disinformazione. Attorno a questo fenomeno ruota sicuramente l’ignoranza, ma anche un subdolo e pericoloso relativismo scientifico che coglie anche persone colte.
Ecco che la riflessione di Pietro Citati sull’ambiguità semantica della parola giunge da monito a tutti, in queste calde giornate di mezza estate.
Abbiamo tutti bisogno di un rinfresco. In tutti i sensi.