Scese, evitando di guardarla a lungo, come si fa col sole, ma vedeva lei, come si vede il sole, anche senza guardare. (Lev Tolstoj)

È appena trascorsa la Giornata contro la violenza sulle donne. È un bene che se ne parli, e che se ne parli tanto. Perché non è solo lo stillicidio dei femminicidi – pur traumatici – a scuotere le coscienze. Lo scossone deve indurre a combattere con sempre maggior vigore una vera e propria battaglia culturale. Estirpando, uno a uno, tutti i pregiudizi maschilisti che esistono sin dalla notte dei tempi. In fondo – senza voler far polemica alcuna – anche nella stessa genesi biblica, la nascita di Eva dalla costola di Adamo è figlia di una errata cultura ancestrale che imponeva la sottomissione femminile come una questione “naturale”.

Di contro, bisognerebbe condurre il rapporto tra i due sessi in una logica di confronto che arricchisce, senza alcun livello di subalternità.

La frase iniziale tratta dal romanzo “Anna Karenina”, riferendosi a quel momento estatico che è l’innamoramento, esalta al massimo questo arricchimento che proviene dall’altra persona, che in quel contesto è “naturalmente” idealizzata.

Il paragone col sole poi è bellissimo, perché il sole, dopo l’abbaglio, continua a scandire e a scaldare le nostre giornate, ed è portatore di calore ma anche di scottature, come è giusto che avvenga in un discorso di coppia.

Ovviamente tutto quanto ora detto deve valere anche all’incontrario, perché è solo nella reciprocità della diversità che l’identità di genere (soprattutto maschile) non degenera.

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