“Siamo tutti cittadini del mondo”. Intervista al giovanissimo scrittore albanese che risiede in città
Conversano – Klisi Mirashi è un giovane ragazzo albanese, o come si definisce lui “cittadino del mondo”, che da molti anni si è trasferito a Conversano dove vive con la sua famiglia e studia presso il liceo “San Benedetto”. La sua non è una normale storia d’emigrazione perché Klisi si è trasferito in Italia quando aveva quattro anni, accompagnato solo dalla mamma, in quanto gli era stata diagnosticata una rara malattia e in Albania non avevano i mezzi necessari per curarlo. La malattia, che lo ha costretto all’uso di una carrozzina per deambulare, insieme ad altre vicende personali, lo hanno provato ma lui, come il più classico dei pugili incassatori, ogni volta si è rialzato più forte di prima. I suoi primi diciotto anni li ha raccontati nel suo primo libro dal titolo “L’altra parte di me” edito da Youcanprint, un libro che è un mix tra un’autobiografia e un romanzo di formazione.
Ho incontrato Klisi e, parlando del suo libro, abbiamo approfittato per parlare anche di altri argomenti. Dalle sue parole si nota un forte attaccamento alla terra d’origine, l’Albania, ma al tempo stesso si vede lontano dalla sua terra.
E’ importante introdurre lo ius soli?
L’Albania è la mia origine, il mio luogo natale, il mio punto di partenza. Vi sono molto legato poiché da lì ha avuto inizio la mia vita nonostante poi abbia continuato a vivere in Italia con la mia famiglia per questioni legate alla mia salute.
Penso che sia importante avere un luogo natìo come faro di riferimento poiché in questo modo ricordiamo la nostra provenienza e chi siamo. Malgrado mi sia allontanato dalle mie origini, sento di essere “cittadino del mondo” e per questo credo che qualunque governo presente su questo pianeta e soprattutto quello della Repubblica italiana debba garantire, attraverso lo ius soli e l’estensione di questa legge ad altre categorie oltre a quelle per cui è già prevista, maggiore libertà; i bambini che nascono in Italia devono essere liberi di scegliere in futuro dove vivere e se continuare la loro vita in Italia, in questo caso, a patto però che la Repubblica dia quest’opportunità senza ulteriori condizioni. Ad esempio, per conoscenze personali, so che lo ius soli in Canada viene applicato in maniera automatica senza porre delle condizioni aggiuntive.
Ti può definire un migrante di serie A visto che sei arrivato in Italia in aereo al contrario di tuo padre e tua sorella che hanno avuto un percorso avventuroso per emigrare in Italia?
Non mi definirei un migrante privilegiato rispetto a chi non ha avuto la mia stessa “fortuna”. Penso di essere un semplice migrante e non esistono o meglio, non dovrebbero esistere migranti di serie A e di serie B perché tutti coloro che emigrano da un paese all’altro hanno delle ragioni molto forti per farlo. In questi ultimi anni si parla tanto di migranti, spesso se ne parla di loro in maniera negativa e invece queste persone vogliono andare in cerca di una vita migliore e più “umana”. Personalmente ritengo di essere stato “fortunato” a trasferirmi in Italia perché la mia salute è rimasta pressoché stabile; non nego che anch’io, come anche il resto della mia famiglia, abbia affrontato percorsi avventurosi per giungere in Italia. Penso che nella politica mondiale e in questo caso in quella Italiana, manchi un po’ di buon senso in merito soprattutto al fenomeno della migrazione poiché ogni paese deve collaborare per essere in grado di accogliere chi non può vivere nel suo paese di origine per i vari motivi che conosciamo. Bisognerebbe ricordare soprattutto ai politici che siamo tutti esseri umani e che siamo tutti “cittadini del mondo”.
Non hai parole di condanna verso i “bulli” ma intravedi un tuo futuro da pedagogista?
Credo che bisogna osservare le situazioni che ci capitano nella vita non solo dal proprio punto di vista ma “dalla vetta di una montagna”. Soprattutto quando si è piccoli si tende ad essere più egocentrici. Non li definirei “bulli” ma più che altro superficiali contestualmente all’età poiché a quel tempo non erano in grado di capirmi perché troppo presi dalle loro frivolezze. Sebbene attraverso il racconto di questo avvenuto abbia espresso degli aspetti pedagogici, penso che tutti i nostri vissuti ci rendano perlomeno pedagogisti. Io però non mi vedo come un pedagogista, nonostante in parte mi piacerebbe esserlo; sono però più portato per le “imprese ingegneristiche” per questo credo che mi dedicherò all’ingegneria e specifico, quella ambientale poiché l’ambiente e la natura mi sono a cuore. Ho ancora qualche mese di tempo per decidere e scegliere definitivamente cosa ne sarà del mio futuro.
Klisi, cosa ti senti di dire a chi vive situazioni di disagio?
Nella vita impariamo “cadendo”, già da quando dobbiamo cercare di metterci in piedi. Questo dimostra che è importante “cadere” poiché così ci alziamo più forti di prima. La mia famiglia mi ha insegnato che quando viviamo una situazione di disagio, dobbiamo pensare a chi si trova in una situazione peggiore di quella che viviamo benché può sembrare davvero difficile. Io ad esempio, mi sono “offerto” di raccontare la mia sofferenza per dimostrare che nella vita bisogna essere forti per se stessi ma soprattutto per gli altri che ci stanno intorno; trovare la forza di affrontare determinate situazioni ed esprimere il disagio provato o che si prova, aiuta in primis se stessi e soprattutto gli altri che non riescono ad esprimersi e continuano a vivere in difficoltà.
Hai in mente di scrivere un altro libro? Se si, che tipo di libro ?
Si, ho in piano la stesura di altri libri e la tipologia sarà una sorpresa. Dovrete aspettare con trepidazione.
Noi aspettiamo i suoi prossimi lavori nel frattempo, per chi fosse interessato all’acquisto del suo primo lavoro “ L’altra parte di me”, lo può trovare sia in formato ebook sia in formato cartaceo, su tutte le piattaforme online.