Mettete dei fiori nei vostri cannoni, perché non vogliamo mai nel cielo molecole malate, ma note musicali che formano gli accordi per una ballata di pace, di pace, di pace. (canzone “Proposta”, I Giganti)

Al festival di Sanremo del 1967, un gruppo di quattro giovanissimi, I Giganti, cantò una canzone che inneggiava alla pace, e, in subordine, all’equità lavorativa e all’ambientalismo. Erano i germi del Sessantotto e della sua grande speranza di rinnovamento sociale.

Dopo mezzo secolo e un lustro, questa canzone mi è venuta in mente a seguito dei drammatici fatti relativi all’invasione russa dell’Ucraina. La guerra è esplosa, con il suo carico di violenza e con la sua logica sprezzante. Nel cuore dell’Europa.

Vengono nuovamente spazzate via le illusioni di vedere sparire per sempre nel vecchio continente le belligeranze. Non è stato così con il conflitto della ex-Jugoslavia, non è così neanche oggi.

Sembrano lontanissime le marce non violente di Gandhi e di Martin Luther King, entrambi assassinati per la grande potenza del loro fare visionario e carismatico.

Ciò che più mi ha colpito, in questo caso, è stata la farneticante giustificazione di Putin, che ha dichiarato di voler “denazificare” l’Ucraina. Ecco il paradosso tipico dei despoti: fare propaganda utilizzando termini che ribaltano la verità dei fatti.

Credo sia stato Platone, che abbia detto che quando le parole perdono il loro significato allora la democrazia è in pericolo.

Ecco dunque che concludo citando un passaggio chiave del romanzo visionario e profetico di George Orwell, “1984”, quello del Grande Fratello, in cui alcune parole perdono il loro significato:

“Il Ministero della verità si occupava della stampa, dei divertimenti, delle scuole e delle arti. Il Ministero della Pace si occupava della guerra. Il Ministero dell’Amore manteneva l’ordine e faceva rispettare la legge. E il Ministero dell’Abbondanza si occupava dei problemi economici.

Il Ministero dell’Amore era quello che più incuteva paura. Sulle sue pareti non s’aprivano finestre. Winston non era mai stato dentro al Ministero dell’Amore, e nemmeno s’era mai azzardato a entrare nel raggio d’un mezzo chilometro da esso. Era impossibile entrarci altro che per rigorose ragioni d’ufficio, e anche allora attraverso un labirinto di passaggi protetti dal filo spinato, porte d’acciaio e feritoie nascoste, provvedute di mitragliatrici. Anche le strade che conducevano ai recinti erano sorvegliate da un corpo di guardia in uniforme nera, con spaventevoli facce di gorilla e armato di pesanti mazze.”

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