Non sono niente. Non sarò niente. Non posso voler essere niente. A parte ciò, ho in me tutti i sogni del mondo. (Fernando Pessoa)

Quando non si ha niente da dire non resta che dir niente.
Cari lettori, il caldo così anticipato ha il potere, nel nostro profondo Sud, di rallentare tutte le attività, da quelle fisiche a quelle del pensiero, finendo davvero per non aver altre capacità se non quelle di far parlare del niente.
Eppure, oplà, ecco che dal niente vien fuori sempre qualcosa. Talvolta può venir fuori il tutto. Fernando Pessoa, riesce magicamente, con i bei versi citati, a far comprendere come attraverso la poesia si possa passare, da una sequenza annichilente, addirittura all’onnicomprensività dei sogni, capaci davvero di spaziare su tutto lo scibile e anche oltre esso.
Il niente smette allora di essere quell’horror vacui, quel terrore del vuoto evocato dai latini, e diventa qualcosa cui dare un significato propositivo. E anche se a volte lo evochiamo in senso negativo, come quando diciamo – in una stupenda locuzione nostrana – che ci è rimasto il resto di niente, quel niente è il fondo del precipizio da cui di certo risaliremo la china.
E in fondo, anche questa volta, grazie al niente, il sassolino odierno è riuscito a venir fuori, aggiungendosi birichino alle pietre levigate delle assolate spiagge della nostra amata terra.

 

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