Noi pensiamo ad ammazzare il tempo ma alla fine è il tempo ad ammazzare noi (Anonimo)

Mio padre aveva la licenza elementare. Era il massimo che si potesse concedere a un figlio di contadini. Poi bisognava mettere subito a disposizione le proprie braccia per il lavoro nei campi. Mio padre accettò obtorto collo quella imposizione, ma continuò ad essere attratto dalla lettura per tutta la vita. Era un assiduo lettore del Corriere della Sera, ma non disdegnò le riviste e i libri.

Nel dopoguerra il riferimento per tanti a questo proposito era la rivista “Selezione dal Reader’s Digest”, che aveva come sottotitolo “Il meglio dalle riviste e dai libri migliori”. C’era una versione letteraria, che si chiamava “Selezione della narrativa mondiale” di cui posseggo gelosamente un’ottantina di volumi, ognuno dei quali contenenti quattro romanzi condensati.

Se penso al dibattito in corso su come favorire la lettura ai ragazzi, la prima risposta che mi viene in mente è: con l’esempio.

Le mie prime letture… impegnate da ragazzino le feci proprio leggendo articoli e storie su “Selezione”. Ero principalmente interessato alle storie vere. Dopo un po’ fui attratto anche da alcune rubriche. Quella che carpì immediatamente la mia attenzione si chiamava “Citazioni citabili” ed era una paginetta in cui venivano riportate citazioni brevi prevalentemente di tipo aforistico. Ne apprezzavo l’arguzia, l’induzione alla riflessione, il gioco di parole, la presenza di ossimori e di battute fulminanti.

Delle tante citazioni lette nella mia adolescenza su tale rubrica, ricordo a memoria quella riportata come sassolino odierno. Sicuramente avrà avuto un autore, ma il suo nome è stato cancellato dall’inesorabile legge dell’oblio.

Con tale citazione spero di aver ammazzato per un po’ questo caldo e afoso tempo di prima estate, sperando che il tempo si ricordi il più tardi possibile la seconda parte dell’aforisma.

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