Riconosco a Carlo Gungolo, attuale presidente del Consiglio Comunale, un profilo istituzionale e un garbo politico accompagnato da una competenza amministrativa ormai collaudata da troppi anni. E’ per questo che, nell’ambito della ripresa di un confronto serrato, è a lui che vanno sottoposti alcuni problemi che riguardano il funzionamento degli organi quali le conferenze dei capigruppo, le commissioni e i consigli comunali.
E’ sotto gli occhi di tutti, almeno di coloro che guardano i lavori dei consigli in streaming, che il luogo istituzionalmente più importante della città, il Consiglio Comunale, svolge i suoi lavori in una surreale situazione di svilimento della sacralità della rappresentanza popolare. E questo avviene ormai di consuetudine per una serie di ragioni che sono: la trasformazione di parte del dibattito consiliare in scene “macchiettistiche” e piene di ilarità fine a se stesse; la visione in streaming di alcuni consiglieri comunali che appaiono in video, collegati magari dal divano di casa, mentre fanno tutt’altro che non seguire e partecipare al dibattito e, in alcuni casi, collegati con il telefonino dalle proprie auto mentre percorrono le strade della provincia.
Il Consiglio Comunale ha bisogno di un’organizzazione dei lavori che non lasci alcuno spazio alle funamboliche espressioni del trash paesano e che riesca ad offrire un esempio di correttezza, trasparenza e rispetto per la comunità che i consiglieri tutti rappresentano. Abbiamo visto, e ascoltato, durante l’ultimo Consiglio Comunale del 10 gennaio scorso, un consigliere che a proposito della discussione sul “bonus psicologo” ha praticamente deriso e ironizzato su coloro che si recano dallo psicologo definendola “gente che tiene problemi”. Una caduta di stile e un esempio di incapacità di poter far parte di un’assise così prestigiosa.
Così come è inguardabile, caro presidente Gungolo, la scena dei consiglieri che si collegano da casa o dalle proprie autovetture, partecipando ai lavori del Consiglio solo nel momento del voto. La possibilità data durante la crisi pandemica di far continuare a funzionare le istituzioni anche con collegamenti da remoto, oggi non è più tollerabile. Tutti farebbero volentieri a meno di guardare le cucine, i divani e le auto da cui questi consiglieri, istituzionalmente “dopolavoristi”, si collegano.
Il terzo quesito che pongo al presidente Gungolo, riguarda il funzionamento delle commissioni consiliari propedeutiche ai Consigli Comunali e che possono comunque riunirsi per affrontare i problemi della città a prescindere dagli stessi Consigli. Risulta dagli atti comunali che la terza commissione che si interessa di problemi legati alle politiche culturali e sociali, non si riunisce da sempre, tranne un’eccezione. In una città dove il dibattito sulle politiche culturali è così acceso e vivace, la commissione che dovrebbe sovrintendere e confrontarsi sulle proposte del governo locale non funziona. E questa non è la cosa giusta.
A chi conviene che un Consiglio Comunale non abbia il prestigio che il suo ruolo gli ha assegnato da sempre? Penso non convenga a nessuno, né alla maggioranza, né all’opposizione. Né conviene alla comunità che in quel luogo viene rappresentata.
Ed è al presidente Carlo Gungolo che rivolgo queste riflessioni, con la consapevolezza che lui stesso possiede la capacità e il potere di far tornare a funzionare quell’istituto, riassegnandogli il ruolo di “casa di tutti” dove ci si confronta, anche aspramente e senza esclusione di colpi, rispettando le regole non scritte (quelle di non banalizzare mai problemi e deridere le persone) e quelle invece scritte che esigono il funzionamento di tutti gli organi previsti dalle norme e dalla storia dei nostri comuni.
Se la partecipazione dei cittadini ai lavori consiliari è scarsa o quasi nulla ci sarà pure un motivo, quello appena descritto è uno tra gli altri.
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