“Nell’uomo autentico si nasconde un bambino che vuole giocare” (Friedrich Nietzsche)

Il gioco è un comun denominatore non solo dell’uomo ma di tutti i mammiferi. Per suo tramite l’infanzia si colora di creatività ed è anche un modo per simulare l’età adulta.

Per fortuna, per il genere umano, il gioco dei bambini è indipendente dai mezzi economici a disposizione. Nella mia infanzia, negli anni Sessanta, il campo di azione era la strada – nella sua accezione positiva – e la regina assoluta era la creatività. Nonostante i pochi mezzi a disposizione si riusciva felicemente a giocare: con una palla, con una corda, con tappi di bottiglie, con delle pietre, con i giochi di gruppo, con la sola immaginazione. Era un esempio eclatante di arte povera, evolutasi nel corso dei secoli.

Oggi c’è stata l’invasione della tecnologia, che ha di molto soppiantato quel mondo, creandone di nuovi, per lo più virtuali. Ma la voglia di giocare di un bambino rimane, fortunatamente, la stessa.

La frase di Nietzsche arriva però a dire che noi rimarremo autentici solo se conserviamo la voglia di giocare. Le fasi aforistiche hanno bisogno di essere ben ponderate, e il senso di questa credo sia il riuscire a mantenere nei confronti dell’esistenza un atteggiamento leggiadro e creativo. Giocoso, insomma.

Purtroppo, nei confronti del gioco, assistiamo oggi ad una vera e propria deriva, che va sotto il nome di ludopatia. Sappiamo di persone che rimangono incollate davanti ai videogame per gran parte della giornata, notte compresa. In questo modo si perde il contatto con la realtà, con seri rischi per la propria salute, fisica e mentale.

Un altro fenomeno davvero increscioso sono i giochi di azzardo. Sono proliferate le sale dedicate alle scommesse e nei tabacchini, un tempo dedicati ai valori bollati, ai francobolli e cose similari, le persone invece si affollano al bancone in cui si gioca di azzardo. Non sono rari i casi di persone che dilapidano le loro risorse economiche per correre dietro questi sogni illusori perché per lo più improbabili, dimenticando del tutto persino i loro doveri di base.

Per tutte queste considerazioni bisognerebbe ridare alla frase introduttiva il suo giusto valore. Concludendo con un gioco di parole – che è un’altra forma di gioco – l’uomo di qualità deve giocare nella vita ma non giocare con la qualità della propria vita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *