Non si meravigli se mi vede sempre vagare con gli occhi. In effetti questo è il mio modo di leggere. […] Quelle poche pagine racchiudono per me interi universi, cui non riesco a dar fondo. (Italo Calvino)
Nel suo romanzo sperimentale “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, che è un omaggio alla scrittura e, soprattutto, alla lettura, Italo Calvino – di cui quest’anno cade il centenario della nascita – scrive queste righe che riassumono brillantemente la solitaria azione del leggere.
In un mondo in cui proliferano i corsi di scrittura creativa, nessuno rimarca la grande creatività che si cela nell’atto del leggere una storia.
Il lettore deve infatti ogni volta immaginare l’ambientazione del romanzo, i protagonisti, gli antagonisti, i comprimari. Deve immaginare i luoghi, reali o fantastici che siano. Deve suscitare in sé le emozioni che percorrono l’evolversi dei fatti. E così via.
Ma c’è dell’altro. Il vero lettore attivo, nel leggere crea dei ponti con il suo universo privato, talvolta immedesimandosi con il o la protagonista, talvolta facendo una comparazione col proprio vissuto. Inoltre, cerca di creare legami con altre letture, andando alla ricerca di analogie o contrasti, similitudini e rimandi.
In questo modo la lettura diventa un processo veramente attivo e fantasmagorico, cosa che contrasta con l’immobilismo apparente del lettore, che se ne sta magari seduto comodamente nella sua poltrona.
Chi legge entra in tanti universi, come dice Calvino, facendo viaggi con l’immaginazione neanche lontanamente raggiungibili da un videogioco, che ripete all’infinito gli stessi scenari cui ogni giocatore si adegua.
Non ci si deve dunque sorprendere se il grande scrittore Jorge Luis Borges, che era anche un lettore onnivoro, ebbe a scrivere queste parole:
“Che gli altri si vantino delle pagine che hanno scritto. Io sono orgoglioso di quelle che ho letto”.