“Niente influisce tanto sulla vita di un bambino quanto la vita non vissuta dei suoi genitori” (Carl Gustav Jung)

Il tema dell’educazione dei figli permea la storia dell’uomo ed è indubbiamente condizionata fortemente dalla cultura del tempo. Per esempio, lo scrivente, che ha già una certa età, ha visto la società passare dai beati anni del castigo – per usare un bel titolo di un libro – ai dannati anni del transigo.

Chi è nel mondo della scuola sa come quest’ultima sia passata dai tempi in cui si infliggevano persino piccole punizioni corporali, con il tacito avvallo dei genitori, ai tempi in cui l’alunno o lo studente gode di una iper protezione familiare, in molti casi esagerata.

Ma tornando alla frase di Jung, se estendiamo il raggio d’azione a tutta la fase dello sviluppo di una persona, certamente questa è molto spesso condizionata dal forte desiderio dei genitori di proiettare sui propri figli le proprie mancate realizzazioni.

Ritengo che questo non sia di per sé una cosa negativa. Per esempio, se i genitori hanno avuto una bassa scolarizzazione, è normale che sognino per i propri figli la laurea e un avvenire che possa elevare la loro condizione sociale e professionale.

C’è però una sottile linea rossa, superata la quale l’invadenza e le insistenze genitoriali sulla formazione e sull’avvenire dei figli possono diventare pressanti, e, in molti casi, capaci di giungere livelli parossistici.

Purtroppo viviamo in un’epoca in cui si sta dando troppa importanza alla parola “successo” soprattutto in campi come la musica, lo spettacolo, lo sport, ed episodi di coinvolgimenti pesanti dei genitori sull’avvenire dei propri figli sono sotto gli occhi di tutti.

Difficile chiudere un argomento così spinoso e ingarbugliato. E allora, cari genitori, cercate ogni tanto di lasciare andare i vostri figli, di farli sbagliare per conto loro. In una parola, di farli vivere.

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