La dolorosa imperfezione

di Vito Fanizzi (magistrato Corte d’Appello di Bari)

Una giovane contadina cinese, ogni settimana, intraprende un viaggio a Pechino per chiedere giustizia per il proprio marito, colpito con calcio dal capo del villaggio. Una gravidanza difficile e l’indifferenza della macchina giudiziaria non la scoraggiano; e forse sono proprio questi viaggi a mettere in pericolo la sua vita, al momento del parto. La salva il capo del villaggio, che organizza il suo trasferimento nell’ospedale della città in piena notte. Quando tutto è pronto per festeggiare la nascita del bimbo e la riconciliazione, una camionetta della Polizia arriva a prelevare il capo del villaggio, nel momento in cui sta per mettersi a tavola, per portarlo in prigione: le istanze della donna hanno avuto corso.

“La storia di Qiuju”, film di Zhang Yi Mou vincitore della Mostra del Cinema di Venezia del 1992, narra un aspetto della dolorosa imperfezione della giustizia, spesso in arrivo quando non è più necessario e le cose sono cambiate, talvolta in modo fatale. Nel 1800 Heinrich von Kleist ha immortalato la storia di mercante di cavalli del XVI secolo, Michael Kohlhaas, al quale un ricco proprietario terriero aveva sottratto due morelli, che si vide riconoscere il proprio diritto nel giorno della sua condanna a morte, decisa per le violenze realizzate di fronte all’indifferenza dei tribunali. “Kohlhaas, questo è il giorno in cui ti viene riconosciuto il tuo diritto…ora però preparati a saldare a tua volta il debito verso la Sacra Mestà Imperiale, per aver infranto la sua pace sovrana”.

La dolorosa imperfezione suscita interrogativi di non poco conto.

Nel dicembre del 2022 un tribunale tedesco ha condannato Irmgard Furchner, 99 anni, per l’attività svolta all’età di 17 anni come segretaria del lager di Stutthof, dove morirono 10.505 persone. Nel 2024 un’analoga condanna ha toccato Josef Schutz, 101 anni, per fatti commessi 80 anni prima come guardia del campo di concentramento di Sachsenhausen. Entrambi gli imputati erano arrivati in Tribunale su una sedia a rotelle.

Avevano senso questi processi ?

La risposta sta nella necessità vitale per lo Stato di affermare la validità delle sue norme e dei suoi valori, tanto più irrinunciabile quanto più i crimini sono gravi (la gravità condiziona i tempi massimi di accertamento dei reati). In entrambi i casi gli imputati avevano negato ogni responsabilità, contro l’evidenza, ma le condanne sono state simboliche, senza conseguenze sulla libertà personale. Lo Stato tedesco, democratico e liberale, ha preso atto del fatto di avere ormai di fronte due persone anziane ed inoffensive. Irmgard Furchner e Josef Schutz, dopo il processo, sono tornati nelle loro case di riposo. I parenti delle vittime hanno parlato di un senso di pace interiore finalmente raggiunto.

La domanda di senso si è riproposta nel 2021 quando la Francia ha negato all’Italia la consegna di alcuni terroristi lì rifugiati per sfuggire ai processi e alle condanne inflitte nel nostro Stato. Tra questi Giorgio Pietrostefani, oggi ottantenne, condannato per l’omicidio del Commissario di Polizia Luigi Calabresi nel 1972.

Qui la vicenda è molto più complicata e non si arresta all’argomento della persona diversa, ormai risocializzatasi, o alla presunta inaffidabilità del sistema giudiziario italiano, accampata dalle autorità francesi (anche perché, come ricordava Alessandro Trocino in un articolo di qualche mese fa pubblicato da Huffington Post, “la Francia ha trattato con una durezza incredibile la sua esigua pattuglia di terroristi interni di Action Directe, condannandoli all’ergastolo grazie ad un pentito, e spesso con anni di isolamento. Non proprio un piedistallo dal quale impartire lezioni all’Italia”). Le radici affondano in un contesto culturale e politico, quello della gauche francese, in cui il terrorismo italiano di sinistra riceveva giustificazione e quasi solidarietà. Nel 1985 Francois Mitterand, in un colloquio con il Presidente del Consiglio dell’epoca Bettino Craxi, annunciò che la Francia non avrebbe mai consegnato gli ex terroristi italiani presenti in Francia, tranne quelli coinvolti in crimini di sangue. Successivamente, in un’altra occasione pubblica, rettificò: “non li estraderemo, punto”. Nel 2008 il Presidente Sarkozy personalmente bloccò la consegna di Marina Petrella, brigatista rossa dal 1976 al 1982, condannata all’ergastolo in Italia per l’omicidio di un poliziotto, destinataria anche della richiesta del 2021. Sembra che, in quell’occasione, un ruolo non secondario avessero avuto la moglie e la cognata del Presidente. Successivamente analoghe prese di posizione vennero da personalità come Daniel Pennac, Fred Vargas, Bernard-Henry Lévy (“che ne fate di questi vecchi ?”).

La vicenda di Adriano Sofri, imputato e poi condannato per il citato omicidio Calabresi, consente di dare un giudizio compiuto sulla vicenda. Sofri non è fuggito, ha affrontato il processo con coraggio ed è stato condannato; ma lo Stato italiano non ha infierito nei suoi confronti e gli ha consentito di uscire dalla prigione prima del tempo, grazie alle proprie leggi democratiche e liberali, dopo aver preso atto di avere davanti una persona realmente diversa. Oggi Adriano Sofri è l’intellettuale colto e pacifico che conosciamo. Alle persone coccolate dall’intellighenzia francese, che non hanno mai lanciato un segnale al proprio Stato, il Presidente della Corte Costituzionale italiana Giancarlo Coraggio, ha dedicato queste parole nella sua conferenza stampa del 13 maggio 2021, all’indomani del diniego francese: “Non si può istituzionalizzare il diritto alla fuga e sottrarsi alla pena, irrogata in un processo giusto e condotto da giudici indipendenti. Questi signori devono essere soggetti ai principi della nostra Costituzione che non è ispirata alla vendetta, ma alla rieducazione”.     

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