Difficile che qualcuno non lo conosca o meglio, tranne forse le nuovissime generazioni, Donato Pace è persona conosciuta per le motivazioni più disparate. Perché, come ha ricordato il sindaco stesso durante l’inaugurazione (lo chiamano ormai tutti “vernissage) “negli anni ’80 pensavo che Donato facesse le cornici dei quadri, non immaginavo che fosse un artista e quando l’ho scoperto ne ho apprezzato le sue doti e le sue opere“.
Donato Pace “viveva” la sua attività artistica nel centro del paese, in via Lamberti, una delle strade che circonda la Cattedrale. Si chiamava “Studio5” ed era un luogo di ritrovo di artisti, uomini di cultura, di teatro e di varie forme d’arte. Era una bottega, quella che rimane scolpita nel tempo perché teatro di discussioni animate con all’ordine del giorno ogni fatto dello scibile umano. Un contenitore di cui si sente la mancanza. E quella dello “Studio5” è una mancanza che si sente eccome, da quando Donato Pace ha deciso di trasferirsi altrove (in via San Tommaso d’Aquino, 19) portando tutto con se. E non sono pochi coloro che gli stanno proponendo di tornare alla base, nel suo centro storico.

L’esposizione inaugurata ieri, 30 gennaio 2025, lo ha riportato sul luogo del delitto, nelle sale del Castello così vicino a quello “Studio5“. Sale nelle quali, nel vedere le opere dell’autore e nell’incontrare i protagonisti di quella bottega, si respirava aria di cultura e di ragionamento su forme, colori, periodi di produzione, evoluzione dell’artista, nuove esperienze con progetti nelle scuole e produzione di opere con la tecnica del “puzzle”. E poi i “Libri d’Arte”, tavolozze inserite in supporti simili a libri.
A volere questa mostra “Archeologia-Mediterraneo-Piazze” è stato il raggruppamento di imprenditori riuniti nell’associazione “Ospitiamo” che hanno accolto gli ospiti nella Pinacoteca di Conversano, gremita di persone legate in vario modo all’autore.
Mostra, naturalmente, munita di catalogo (distribuito gratuitamente, così come gratuito è l’ingresso) dove Rosaria Colaleo definisce molto bene l’identità artistica di Donato Pace: “...e così che Donato passa dalle tele ai ‘puzzle’ suo disegno iniziale sarà quindi frammentato e spezzettato in tanti legnetti colorati per poi ricomporre questo stesso disegno accostando e giustapponendo i legnetti che ne ha ricavato. Non mi sembra possa esserci metafora più efficace per esprimere quello che è il percorso finora descritto e compiuto da parte di Donato: un uomo, un artista che ha fatto dell’introspezione una legge di vita e che ha dovuto prima passare dalla frammentazione del suo essere per poi scoprirsi abbastanza forte (o non troppo debole) da riuscire a recuperare quei pezzi che si sono sparpagliati lungo la sua strada come dei cocci, segnandone il sentiero“.
Visitare la mostra nelle prestigiose sale del Castello può significare ritrovare le opere di un conversanese che ha avuto più “vite artistiche” e che, in tanti ieri sera lo giuravano, sta esprimendo il meglio in questo ultimo periodo.
La mostra è senz’altro da visitare. Sarebbe utile farla conoscere a quelle scolaresche e a quei giovani sollecitati dalle scuole a frequentare le “solite” mostre e magari meno quelle caratterizzate da storie veramente accattivanti.
L’unica cosa che Donato Pace non ha aggiornato nella sua evoluzione artistica è la sobrietà e l’apparente timidezza. Anche dopo decenni è rimasta la stessa.


