di Francesco Paolo (Franco) Fanizzi
Non ricordo chi degli intellettuali che quotidianamente ci accompagnano nei talk show serali sottolineava la mancanza di fantasia come sintomo di disumanizzazione dei nostri giorni, caratterizzati da contatti sempre più telematici e sempre meno fisici. Gino Locaputo era la fantasia e la sua fisicità non lasciava dubbi. Lo dimostrano le sue storie, i suoi progetti, il suo modo di porsi, a volte incompreso, spesso avanti, molto avanti rispetto ai tempi ed ai commenti di allora.
“Ti ho visto trascinare la tua incomprensione sul lastricato del borgo antico….” devo aver scritto di lui, molto tempo fa, non ricordo su che giornale ed a che proposito ma ricordo perfettamente Gino. Un passato da sottufficiale dell’aereonautica, migrato in una incontenibile voglia di fare e comunicare arte: teatrale, figurativa, letteraria, sociale e culturale in senso lato. Dalla prima commedia di costume, “Poveri Noi”, antesignana di un enorme e prolungato tic toc collettivo sulla vita di un paese, Conversano, troppo antico e troppo avanti per la provincia barese, alla scoperta dell’Oriente, al Festival del Mediterraneo.
Gino era tutto questo ed anche di più. Ricordo la sua divertita consapevolezza della nostra vicinanza agli arabi, consolidata dopo i suoi viaggi in medio oriente e raccontata con l’entusiasmo di un bambino, piacevolmente sorpreso della comunanza di vocaboli e tradizioni in culture oggi rappresentate come distanti, contrapposte, alternative. L’idea della favola come mezzo di spiegazione e di inclusione per piccoli e grandi era un’altra delle sue avventure espressive che ricordo con piacere e commozione. Mi piace immaginarlo come il Gigante Buono dei suoi racconti in cui il suo spessore anche fisico era metafora di quello culturale, sempre pronto ad aprirsi direttamente al mondo prima, molto prima ed a prescindere da qualsiasi connessione virtuale. Anche adesso che hai lasciato questo mondo vorrei che fosse per te semplicemente il seguito di quella commedia che ci fece incontrare, foriera di tante novità, tante discussioni, tanti progetti. “Si parte….”, sarebbe stato questo il titolo del sequel mutuato dall’anelito più diffuso della nostra gioventù di allora, piena di sogni e speranze, avida di novità e conoscenze, assetata di un mondo fisico e reale che forse oggi abbiamo a portata di mano ma non comprendiamo. Ecco, tu sei partito, tante volte per quel Viaggio Mediterraneo che è metafora della vita e riempie l’esistenza, mi piace immaginare che tu sia semplicemente partito, anche questa volta. Ciao Gino.