“Non togliete il crocifisso dalle pareti perché è il segno del dolore umano. Il crocifisso fa parte della storia del mondo” (Natalia Ginzburg)

La scrittrice Natalia Ginzburg è stata una presenza autorevole nel panorama culturale italiano del secolo scorso. Il padre era un noto scienziato ebreo mentre la madre era cattolica. Cionondimeno i suoi genitori diedero alla figlia un’educazione laica aconfessionale. Questa premessa è necessaria per capire la valenza delle parole su riportate.

Ciò che vuole intendere l’autrice del “Lessico famigliare” è che il valore simbolico del crocifisso va ben al di là dell’ambito cristiano. Il drammatico epilogo sul Golgota è diventato nei secoli anche il simbolo del grande dolore che ogni uomo o donna possono patire sulla terra a seguito di una ingiustizia. E probabilmente si slancia anche a considerare il dolore stesso come un qualcosa che ha un suo valore profondo che redime la persona al di là dei significati ultraterreni.

Tornando alla valenza universale del crocifisso, visto che siamo nella Settimana Santa non posso non rievocare il film “Il vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini, che fu folgorato dalla lettura di quel testo, in una visione terrena, al punto che utilizzò per realizzarlo quasi esclusivamente persone comuni piuttosto che attori professionisti. Per la figura della Madonna designò addirittura la sua amatissima madre, completando nel migliore dei modi il suo coinvolgimento in quel capolavoro del cinema italiano.

In conclusione non posso non citare Benedetto Croce, che a scapito del suo nome e del suo cognome era un non credente e pur tuttavia fece la seguente affermazione, che fa da contraltare alla citazione iniziale:

“Non possiamo non dirci cristiani”.

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