Dopo l’articolo della nostra Candida Detoma “Non so cosa pensasse zia Giuseppina della giornata della donna” l’intervento del dott. Nino D’Ambruoso
Cara Candida,
mio figlio Gabriele mi ha inviato sul telefonino il bell’articolo che tu, oggi, hai pubblicato, riguardante la zia Giuseppina e ti chiedi che cosa lei pensasse della “giornata della donna”.
Premesso che la celebrazione dell’ 8 Marzo è stata istituita in Italia nel 1977, benchè la zia fosse già avanti negli anni, ricordo che quando le comunicai l’evento esclamò:
“Era ora, finalmente il dovuto riconoscimento alle donne. Mi auguro che quanto sancito per iscritto venga attuato nella realtà”.
Tuttavia, ti riferisco che la zia non badava tanto all’esteriorità o alle proclamazioni, quanto, invece, alla sostanza delle cose, ossia ai comportamenti adeguati e corretti fra uomini e donne, tra lavoratori e lavoratrici e datori di lavoro, nonché al pari riconoscimento dei diritti democratici, civili, economici, morali e sociali verso gli uni e verso le altre.
Nella sua attività politica, seguendo le direttive del partito, difese principalmente le donne dalle prevaricazioni dei datori di lavoro, anche se il suo intento era difendere i proletari, i braccianti agricoli, la classe operaia in generale, ossia quella parte di società che veniva sfruttata, schiavizzata e malmenata e, per quanto riguarda le donne. abusate.
Il periodo in cui visse la sua gioventù è stato uno dei peggiori della storia dell’Italia unita ad oggi e come avrebbe potuto rimanere indifferente davanti a tanti soprusi che le tormentavano l’animo e di cui anche lei fu vittima? Come donna ha sempre desiderato affermarsi con le sole sue forze senza cedere ai ricatti e ai soprusi maschili che tante volte dovette affrontare.
Durante il periodo fascista, già giovane, tentò di lavorare nel mondo della scuola avendo conseguito il diploma di insegnante. Come tanti, partecipò ai concorsi, li superava ma per lei l’assunzione non giunse mai. Anzi, al termine dell’esame orale, per ben due volte le fu detto: “ah, ah,ah! Bene, promossa ma senza posto”. Era avvilente ed ingiusto per lei vedersi superare da chi non sapeva argomentare, lei che possedeva una memoria da Pico della Mirandola e che sapeva connettere con equilibrio e logica le conoscenze apprese e quelle che quotidianamente apprendeva per essere al passo con i tempi.
All’epoca presiedettero le commissioni d’esame, la prima volta il professore Acquaro, la seconda il professor Michele Viterbo di Castellana Grotte. Il nonno Antonio, all’insaputa dei suoi familiari, per vendicare i torti subiti dalla figlia si recò a Castellana e, incontrato il professor Viterbo, lo schiaffeggiò. Per fortuna che non ci fu l’arresto, tenuto conto della persona colpita. Ma la zia non si perse d’animo; assieme a zia Nicoletta, con l’aiuto del cugino acquisito, il prefetto Perrone, entrambe trovarono occupazione presso le scuole private di Latiano, Novoli, Castelluccio dei Sauri… Ma gli incarichi durarono pochi anni sia perché guardate con sospetto sia per la morte prematura del cugino.
Nella sua formazione umana tantissimo incise la figura paterna che incoraggiava e sosteneva i figli ad essere persone oneste, credibili, di mentalità aperta, sensibili alle problematiche sociali. Non a caso tu hai citato quella bella risposta che il nonno Antonio diede al maresciallo dei Carabinieri, allorquando la zia Giuseppina, la notte fra il 10 e l’11 aprile 1951 fu trattenuta in caserma per aver pubblicamente denigrato l’operato del sindaco Guglielmi. ( Quanto guadagnerebbe la politica italiana se fosse praticata all’insegna dell’onestà! ).
La vita in famiglia fu piena di affetto e, tuttavia, non mancarono il dolore e le amarezze!
Sotto l’aspetto economico, però, fu molto stentata ; per fortuna la zia Annina percepiva lo stipendio da docente e pur essendo magro per sette componenti, era sufficiente anche per fare un po’ di carità.
Tu fai riferimento agli “abiti lisi”. Per la zia Giuseppina non fu una scelta, bensì una necessità per le considerazioni su fatte. Lei, da giovane, avrebbe desiderato vestirsi con una certa eleganza anche se sobria, ma le circostanze della vita non glielo consentirono. Avrebbe potuto, se avesse disconosciuto l’adesione al PCI ma non si è mai pentita di non averlo fatto perché orgogliosamente ha voluto essere se stessa fino alla sua morte.
P.S. Non so se abbia fatto bene a consegnare alla Biblioteca Civica di Conversano la “memoria” che scrissi e firmai col suo nome all’indomani della sua morte e, richiestami, la consegnai anche a Luigi Marangelli che ne fece la stampa, né ad inviarti, ora, questi altri miei ricordi.
Di certo sono andato oltre la volontà delle zie, mi perdonassero.
Cordiali saluti, Nino
https://www.oggiconversano.it/2021/03/08/non-so-pensasse-zia-giuseppina-giornata-donna/
(Il link dove è possibile leggere l’articolo di Candida Detoma dell’8 marzo scorso)