Questi versi, tratti da una famosa poesia di Martha Medeiros, si sposano felicemente con la notizia di questi giorni, che vede molte persone – soprattutto under 40 – abbandonare il posto fisso alla ricerca di un maggiore equilibrio tra lavoro, sua qualità e qualità della propria vita.
Sembra che il famoso dilemma tra il vivere per lavorare e il lavorare per vivere abbia bisogno di essere nuovamente calibrato nei tumultuosi tempi attuali.
Così, molte persone, pur di non cadere nel vortice di un carrierismo che prosciuga tutte le energie, con carichi di lavoro e di stress indicibili, preferiscono rimettersi in discussione e rischiare. Un rischio che va verso il vivere meglio, magari tornando verso borghi un tempo abbandonati, oppure slanciandosi verso lavori come quelli agricoli, che possiedono obiettivi di vivibilità garantiti dal contatto con la natura. Il tutto con uno spirito imprenditoriale nuovo.
Se si allargasse il discorso si entrerebbe nella giungla dei nuovi contratti di lavoro, che nella loro flessibilità contengono pericoli di sfruttamento della persona molto seri, senza garantire al contempo un futuro che si abbini alla parola progetto, alla parola famiglia, alla parola figli.
Già in passato mi sono soffermato più volte sul lavoro e sulle sue problematiche. E la cosa non deve sorprendere, visto che è l’attività verso la quale impieghiamo una parte consistente del nostro tempo. E migliorarlo dovrebbe essere un anelito sempre vivo in noi. Perché, come lessi su un Cd Jazz di Cerri-Intra:
“Chi riesce a trasformare in lavoro la propria passione rimane giovane.”