“Benedetto Croce diceva che fino all’età di diciotto anni tutti scrivono poesie. Dai diciotto anni in poi rimangono a scriverle due categorie di persone: i poeti e i cretini. Quindi io precauzionalmente preferirei considerarmi un cantautore”. (da un’intervista a Fabrizio De Andrè)
Oggigiorno in Italia vengono pubblicati più di 80 mila libri all’anno. Un numero enorme favorito dalle attuali tecnologie e da costi relativamente alla portata di tutti. In questa marea di libri e di opuscoli diventa molto difficile discernere la qualità dalla quantità delle singole pubblicazioni. Questo problema è sempre esistito ma di questi tempi assume un rilievo ancora maggiore. Oltre alla suddetta quantità, infatti, esistono anche tanti canali di pubblicizzazione che possono finire con il creare una gran confusione, a partire dai social e dai negozi online di portata planetaria. Diventa a questo proposito naturale domandarsi che fine abbia fatto la critica o se esistano ancora dei critici letterari di riferimento.
Ora, se è vero che è sacrosanto il diritto che ogni persona ha di pubblicare un suo scritto, le cose cominciano a prendere una brutta piega allorquando chi pubblica, magari a proprie spese, automaticamente si autoproclama scrittore o poeta. Tale fenomeno è particolarmente diffuso in persone di mezza età. Un po’ di modestia non guasterebbe, e l’esempio di quanto dice Fabrizio De André – che poeta in realtà lo fu davvero – dovrebbe essere illuminante. Altrimenti si può rischiare di fare la figura del cretino.