Ha destato scalpore il turpiloquio di un noto critico d’arte, nonché sottosegretario alla Cultura, in un intervento pubblico al MAXXI di Roma. Le frasi sessiste con cui ha condito il suo sproloquio hanno provocato un comunicato ufficiale di sdegno delle dipendenti del museo di arte contemporanea, progettato, peraltro, da un’architetta di fama mondiale.
Stiamo assistendo ad una tendenza – che pare inarrestabile – a utilizzare un linguaggio sconcio, favorita dalla ricerca di clamore dei media, televisione in prima battuta.
Pertanto, se nei beati anni del castigo, ormai risalenti a decenni fa, si esagerava nel censurare il linguaggio che contravvenisse a quello che all’epoca si chiamava comune senso del pudore, oggi si sta davvero superando ogni limite nel senso opposto.
La cosa alla quale bisogna più di tutte fare attenzione, è il processo di assuefazione, il considerare ormai normale l’utilizzo di epiteti e improperi in ogni contesto, finanche nelle scuole.
In questo senso giungono propizie le parole di Stefano Bartezzaghi, che sprona a ribellarsi contro questa tendenza.
Un campo in cui l’utilizzo della volgarità spinta è giunto a livelli parossistici è quello della comicità. Evidentemente il livello generale non è alto se si deve costantemente ricorrere alle battute di cattivo gusto.
Ecco perché mi piace ricordare la figura di Totò. Le sue battute fanno ridere anche oggi, eppure la volgarità era bandita dal suo linguaggio, anzi, esaltava il suo utilizzo in chiave comica e intelligente, giocando soprattutto con le parole.
Una delle cose di cui Totò andava fiero era un riconoscimento che ebbe dall’Accademia della Crusca per il modo in cui valorizzava la lingua italiana.
Non posso pertanto che concludere, a proposito dello smodato uso del linguaggio volgare, citando una delle più famose battute del principe della risata:
“Ogni limite ha una pazienza!”.